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ANTOLOGIA FIRDUSIANA
CON UN COMPENDIO DI GRAMMATICA PERSIANA
E UN VOCABOLARIO
Dott. Pror. ITALO PIZZI
_
DELLA R. UNIVERSITÀ DI TORINO.
2% EDIZIONE CON L'AGGIUNTA DELLE CORREZIONI.
LIPSIA
WOLFGANG GERHARD, EDITORE
1891.
Original from
pigitized by (GO( gle UNIVERSITY OF MICHIGAN
Edizione comune Lo o
Edizione in carta velina di questa medesima opera
Edizione di lusso su carta d'Olanda (edizione di 10 soli
esemplari numerati)
Edizione legata in pergamena
Tutti i diritti riservati.
Google
zE
12.
15.
20.
30.
AL
PROFESSORE FAUSTO LASINIO
IN SEGNO
‘+ DI MOLTA RICONOSCENZA
Google
Digitized by Google
Original from
UNIVERSITY OF MICHIGAN
PREFAZIONE
@oPo tante grammatiche e antologie della lingua
persiana, molte delle quali buone sotto ogni ri-
lg, spetto e di grande utilità allo studioso, parrebbe
superfluo ed inutile il comporre una grammatica di questa
stessa lingua e il mettere insieme un’ antologia corre-
dandola di un vocabolario, se chi ora manda fuori il pre-
sente Marzale non avesse avuto nel comporlo un parti-
colare e speciale scopo. Senza di che, anche per la
estrema semplicità della grammatica persiana per cui
ogni libro, più o meno, può servire allo studioso, egli
non vi si sarebbe provato nemmeno per ombra.
L’autore del presente libro è partito da un’ idea del
Prof. SereceL, per la quale, se egli non s’'inganna, ha
potuto dare al suo Mazzale un aspetto e un indirizzo
differente da quello dei libri fin qui pubblicati. Il dotto
Professore di Erlangen, tanto benemerito degli studi
iranici, nelle opere sue ha sempre avuto l'intento, come
egli stesso dice (Arzsche Studten, p. 110), di dimostrare
l'unità delle idee che ispirano e informano tutta quanta
la Letteratura iranica in tutti i diversi tempi della lunga
sua vita. Cosicchè per lui dall’ Avesta e dalle Iscrizioni
Google
> VII +
degli Achemenidi in parte, alla letteratura pehlevica del
tempo dei Sassanidi, dal tempo dei Sassanidi all’ epopea
di Firdusi, da Firdusi alla posteriore letteratura dei Pàrsi, è
un solo cammino di idee, è una sola mitologia e una sola
religione e una sola leggenda epica, che si vanno svolgendo
e conservando con una tenacità e un vigore di vita non
comuni.
Seguendo ‘questa idea, si vede ben tosto sotto quale
punto di vista debba riguardarsi l'epopea di Firdusi ri-
spetto alla letteratura posteriore, tutta maomettana e infil-
trata d’arabo, non tanto nella lingua quanto nelle idee
religiose e morali. Finora il L:bro dei Re di Firdusi si
è voluto considerare come il principio della nuova lette-
ratura persiana; per me invece esso è l'ultimo portato
della vera letteratura iranica, chiude per sempre il ciclo
meraviglioso delle leggende eroiche, per dar posto ad
un’ altra letteratura ben diversa di idee e di intenti. Ora,
quasi tutte le Grammatiche e le Antologie della lingua
persiana che fino ad oggi si sono compilate, non tengono
conto diquesta profonda differenza e mettono insieme il
Libro dei Re con le poesie mistiche di Saadi e di Hàfiz, coi
racconti di Gimi e le favole di Husseyn Va'iz, con le
storie di Mirkhondi e le poesie di Khàkàni, scrittori e
poeti che hanno veramente il loro pregio, ma nulla però
hanno a che fare col L26r0 dei Re, dal quale li separa imme-
diatamente una rivoluzione religiosa e un mutamento pro-
fondo di idee. Cosicchè coteste Antologie mi sembrano
fatte al modo di quell’ Antologia di Scrittori Latini, nella
quale l’autore avesse messi insieme alcuni brani di Lu-
crezio, di Virgilio, di Livio e di Cicerone accanto ad
altri presi dalle opere di Sant’ Agostino e di San Girolamo.
Google
>> IX at
Si badi bene che io non dico già questo per dir
male di quelle Antologie, alcune delle quali sono utilissime,
come quella del Dott. M. ScHuLtze (/7andbuch der Persi
schen Sprache, Elbing, 1863), di cui mi sono valso nel
principio dei miei studi. Ma l’intendimento mio è solo
quello di mostrare sotto quale aspetto, sopra le orme
dello SpreGEL, io consideri l'epopea di Firdusi, rispetto
alla letteratura posteriore da una parte e all’ anteriore
dall’ altra e con qual fine tutto speciale e particolare io
abbia composto il presente libro. Io ho voluto comporre
soltanto un Manuale Iranico, se così posso chiamarlo,
nel più stretto senso, nel senso nel quale lo chiamerebbe
anche il Professore SpiecEL, riguardando il persiano
moderno e l'epopea di Firdusi come il primo passo per
conoscere l'antica letteratura iranica, come il punto di
partenza per salire al pàrsi e al pehlevi e per giungere
finalmente all’ Avesta, come al punto più alto e più
difficile da raggiungere, tenendo così la via la più natu-
rale e la più utile negli studi, di salire dal facile al meno
facile, dal più noto al meno noto. La letteratura per-
siana posteriore (fatta eccezione degli scritti dei Pàrsi) è
maomettana, di molta importanza, nè io lo nego, ma di
una importanza ben differente; essa potrà giovare a chi
vuol conoscere la storia del Maomettanesimo e le vicende
dei Principati maomettani in Persia, più che a chi voglia
addentrarsi nei misteri dell’ antica religione iranica e
intenderne il codice sacro e conoscere lo spirito vitale
che l'anima e l'informa. Leggete le storie di Mirkhondi,
e non troverete nulla, quasi nulla, che ricordi l'antica
religione nazionale e quella meravigliosa leggenda epica
nella quale sta scolpita l'immagine di quel gran popolo
Google
>> x -<É
operoso e guerriero; e la storia degli antichi re leggendari
di Persia, pure di Mirkhondi, ha ben poco valore come
fonte di notizie rispetto al Z:6r0 dei Re. Leggete le
poesie di Hàfiz o di Saadi e vi troverete una esuberanza
di idee maomettane, di ricordi di eroi dell Islamismo, in
mezzo ai quali compaiono talvolta gli antichi re leggen-
dari dell’ Iran, Gemshid o Minòcihr o qualche altro, come
figure sbiadite e offuscate, che producono in chi legge
quel disgusto speciale e indefinibile che si sente nel
leggere uno scrittore moderno che, così per uso, invochi
la Musa e parli delle Ninfe o dei Satiri, di Giove e di
Giunone, quantunque egli non vi creda più e con lui non
vi creda nessuno de’ suoi lettori.
Dietro questi principî adunque ho io composto il
mio Manuale. Il quale differisce da tutti gli altri libri
del genere per lo scopo e per i materiali adoperati; per
lo scopo, perchè, e già l'ho detto, esso deve servire
come punto di partenza per salire allo studio della lette-
ratura pehlevica e dell’ Avesta, deve porgere, a guisa
di una piccola enciclopedia persiana, tutte quelle fonda-
mentali cognizioni di lingua, di religione, di mitologia, di
costumi, di leggende di eroi, che poi lo studioso incon-
trerà nuovamente, e sotto lo stesso aspetto, nel Burndehesk
e nel Minòkhired e nell’ Avesta in fine, e che vedrà
ampiamente svolte nelle opere. dello SpieGEL, del Wix-
DISCHMANN, del Kossowicz, del JustI e dell’ HarLEZ. Diffe-
risce poi per i materiali, perchè, senza disprezzare la
letteratura posteriore, la lascia da parte siccome tale che
non conduce al suo scopo. Se poi io sia riuscito nel mio
intento, non lo so; giudicheranno i dotti, al giudizio dei
quali con reverenza e trepidazione sottopongo il mio lavoro.
Google
=> N «<<
Ed ora veniamo a parlarne più in particolare.
La Grammatica contiene, se non m'inganno, quanto
è necessario per dare una sufficiente cognizione del per-
siano, molto semplice, come ognuno sa, e relativamente
anche molto facile ad apprendere; e nella maggior parte
ho seguito le altre Grammatiche. La differenza maggiore
sta nella divisione dei verbi. Ho trattato prima il tema
di presente, quindi il tema del passato, determinato da
un # (4), e in questo ho fatto due classi di verbi, divi-
dendoli in quelli che uniscono mediatamente il £ (4) del
passato al tema del presente (p. e. furs, e furs-i-d-am),
e in quelli che lo uniscono 2mmediatamente (p. e. afriz,
e afrikh-t-am); e qui, per i vari mutamenti delle conso-
nanti, venivano richiamate le regole fonetiche poste in
principio della Grammatica. Per quanto io mi sappia,
non conosco che altri abbia tentata una simile divisione,
per la quale quei verbi che prima erano trattati come
irregolari, trovano ora la loro spiegazione e la loro regola.
I dotti giudicheranno se io abbia colto o no nel segno’.
1 Per avere un’ idea del modo con cui si trattavano i verbi così detti
irregolari, si vegga la Grammatica del WILKEN (Lipsiae, 1809), Egli dice che i
più dei verbi difettivi (de/ec4#va) che escono all’ inf. in #42, formano l’imperat.
da un inf. in dyfdarn; così farmidan fa all’ imperat. farméy, ma questo non
viene da farmidan, bensì da un /arméyîdan (?!) che non esiste. Egli divide i
verbi irregolari in 7. classi (pag. 72), secondo le terminazioni dell’ inf., in #42x,
fan, khtan, shtan, stan, îdan, dyidan, e non s’accorge intanto ch’ egli mette nella
terminazione dell’ inf. una parte che appartiene alla radice. Infatti, secondo il W.,
il v. #éftan, p. e., è della 22 cl. perchè in /fax, ma la / di /fan appartiene alla
radice e non alla desinenza, cfr. pres. 660-am, z. e skr. 4ap, lat. #ep-e0o. E basti
questo saggio. Il Jones (ed. franc. di GARCIN DE Tassy, p. 66) dice che molti
verbi persiani formano il loro imperat. da infiniti disusati (?!, è la stessa teoria
del WILKEN), e che per trovar questi antichi infiniti (che non esistono!) non
bisogna che aggiungere fdur ai detti imperativi. Operazione inutile, perchè
questi inf. in é44: non esistono, nè si trovano nel Vocabolario (cfr. il farméyidan,
di cui sopra), — Il VuLLeRs ha rischiarato di assai nella sua Grammatica la
classificazione dei verbi persiani, ma la sua divisione è differente da quella che
tento in questo mio lavoro.
Goc gle
> XII +
L'Antologia è tutta presa da Firdusi. E qui si dirà
che essa è troppo esclusiva; ma essa non poteva essere
che tale in forza delle ragioni dette di sopra. Anche il
VuLLeERs, pubblicando la sua Ckrestomathia Schahnamiana
(Bonnae, 1833), mostrava di intendere come il miglior
libro per gli studi persiani fosse il Lz6ro dei Re; ma dai
soli quattro brani da lui scelti (l'ultimo poi non è di
Firdusi) lo studioso non si può fare una idea abbastanza
giusta di quell’ opera immortale e del suo contenuto.
Proponendomi invece nella mia Antologia di far conoscere
tutto l'insieme delle leggende eroiche, tutti i diversi
momenti di quella gran lotta secolare tra Irani e Turani,
immagine terrena della lotta tra Ormuzd e Ahrimane, ho
seguito passo passo il Zero dei Re, cominciando dai
primi re e venendo giù fino alla morte di Rustem, col
quale cessa ancora e tace il meraviglioso racconto della
leggenda. I brani scelti sono una ventina; ma, oltre alla
Introduzione generale, ognuno di essi ha una speciale
| introduzione nella quale si fanno conoscere i fatti ante-
cedenti e si istituiscono raffronti con l’Avesta e coi libri
tradizionali, laddove cade in acconcio. Cosicchè, quando
lo studioso abbia percorsa l’Antologia, potrà avere una
cognizione, se non perfetta, abbastanza giusta almeno,
dell’ intero Ze6r0 der Re, ciò che per me significa aver
sufficiente cognizione di tutta quanta la leggenda eroica,
la quale poi gli servirà di fondamento per intender più
presto e meglio molte e molte cose, quand’ egli vorrà, dal
moderno persiano, salire allo studio ditutta quanta la lettera-
tura religiosa che riguarda l’Avesta, e all’ Avesta stesso.
Quanto al testo, ho seguito l'edizione di Calcutta e
l'edizione che, con tanta utilità degli studiosi, pubblicava
Google
>> XIII <<
a Leida il Prof. VuLLERS; ma non senza riempire con la
Calcuttense le troppo frequenti ommissioni ch’ egli ha
fatte, siccome già ho avuto occasione di notar più volte
nel Bollettino italiano degli Studi orientali di Firenze. Non
si può negare che il dotto Professore abbia portati molti
e notevoli miglioramenti all’ edizione di Calcutta; ma
questa è però sempre di grandissimo pregio; mi sono valso
quindi di tutt’ e due, preferendo la lezione or dell’ una
or dell’ altra, e talvolta anche seguendo le edizioni di
Parigi del Mont e quella di Teheràn (a. 1247 dell’ Egira)
citate dal VuLLERS a piedi di pagina. Dico ques o non per
darmi l’aria di aver messo insieme un nuovo testo critico,
ma solo per render ragione dei punti in cui mi discosto
da una delle edizioni, per seguir piuttosto questa o quel-
l’altra. i
Ma per facilitare allo studioso la lettura e l’inter-
pretazione dei canti di Firdusi, lo stile e il modo del
quale sono molto difficili ed incerti per chi non vi ha
molta pratica, ho creduto bene di porre dopo l'Antologia
la traduzione letterale (e mi si faccia grazia del cattivo
italiano) dei primi otto capi dell’ Antologia. Lo studioso
‘così con la scorta di quella traduzione potrà addomesti-
carsi col costrutto della nuova lingua ch’ egli imprende
a studiare, e acquistar quella tal pratica che gli servirà
poi per tradurre i restanti brani. In questa parte ho
preso per modello i libri del Kossowicz, Decem Senda-
vestae excerpta (Parisiis, 1865) e Sarathustricae Gàthae
(Petropoli, 1867—1871), tanto utili a chi, come me, ha
dovuto studiare lo zendo senza maestri.
Il Vocabolario, come già feci in un mio Saggio di
una Antologia Persiana (Parma, 1877), è redatto in
Google
> XIV af
maniera tutta nuova per il persiano; registra cioè i temi
e le radici, come si fa nei vocabolari sanscriti e zendi,
e non l'infinito; ciò che renderà più facile il rinvenire i
vocaboli. Si noti però che io parlo delle radici quali ora
sono nel persiano, perchè, p. e., nel persiano la radice o
il tema del verbo xzkédar è nh (pres. nih-am, io pongo),
mentre propriamente x#244dar si riferisce ad un zendo e
sanscrito #2 + dé, in cui la radice primitiva è d#é. Chi
vide e giudicò quel primo saggio, ne parlò con soddi-
sfazione; speriamo che anche ora mi siano benigni i giu-
dizî dei dotti — Il Vocabolario è anche comparativo; e
ciò non solo in forza del principio posto più sopra, ma
anche perchè lo studioso di cose iraniche, fin dal comin-
ciar de’ suoi studi, si renda famigliari i vocaboli zendi,
persiani antichi (delle Iscrizioni), pehlevici e pàrsi, dei quali
dovrà occuparsi poi. In questa parte mi sono valso dei lavori
dello SeregEL, del Justi, dell’ HarLEz, dell’ AscoLI; e i
ravvicinamenti da me riferiti sono sempre dei più sicuri,
dei più accertati; qualche ravvicinamento col sanscrito
specialmente, col greco e col latino è stato da me fatto,
ma con parsimonia; per il gotico invece mi son contentato
di ben pochi vocaboli, di quelli soltanto cioè che appar-
tengono a tutta quanta la famiglia indo-europea, come
fadar, batran, ecc. Molte notizie intorno ad eroi, a
leggende, a miti si trovano nelle diverse introduzioni
ai capi dell’ Antologia, ma il Vocabolario supplisce a
quello che in esse manca; dove cioè cadeva in acconcio
il dar qualche notizia, ciò è stato da me fatto con ogni
cura, e si veggano per ciò, tra gli altri, gli articoli:
po uoy91, Sri ste kid o, ciuldi;, pio,
pr3» ecc.
Google
> XV <<
Oso pertanto nutrir speranza, con questo mio lavoro,
di porgere allo studioso tutte quelle fondamentali cogni-
zioni che gli possono essere necessarie per proseguire
gli studi iranici, senza le quali molte cose riescono oscure
bene spesso e talvolta inintelligibili. Se io sia riuscito
nell’ intento, non so, lo ripeto; posso però assicurare di
avervi spesa tutta la cura e posto tutto quanto l'impegno.
Qui poi debbo ringraziar pubblicamente il Prof. C.
pe HarLEz di Lovanio che tanto contribuì perchè questo
mio Manuale potesse essere pubblicato. Il Prof. E. Teza
pure abbia i miei ringraziamenti per i consigli datimi nei
miei studi, mentre io era suo discepolo a Pisa, e li abbia
il Prof. F. Lasinio, a cui tanto debbo come discepolo per
i miei studi di arabo e di siriaco, e al quale altresì
con molta gratitudine e affetto questo libro è dedicato.
Firenze, 1. Marzo 1882.
I PIZZI
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AVVERTENZA
stato assai meglio col titolo più preciso, sotto il quale ora
esce mercè le cure del solerte Editore Sig. WoLFGANG
GerHarD di Lipsia, di: Artologia Firdustana con un
Compendio della Grammatica persiana e un Vocabolario.
Esso infatti non comprende che passi scelti dal L26r0 der
Re di Firdusi, e la grammatica, molto ristretta, vi è come
parte secondaria, sebbene necessaria per lo studioso. Il
perchè della scelta e il fine del libro sono detti nella
Prefazione che abbiam mantenuta qual'è.
Il Manuale, quando uscì, ebbe lodi benevole e indul-
genti da persone dotte e competenti; ma, come queste
persone notarono qualche difetto del Iaxza/e con tutta
gentilezza e cortesia, così l’autore suo non pretese mai
che esso fosse uscito dalle sue mani come opera perfetta,
e anche ora ne lamenta molti difetti ai quali agli rimedie-
rebbe volentieri se tutto ciò che un autore vorrebbe fare,
non fosse impedito in gran parte e quasi sempre dalla
scarsezza dei mezzi e dalla mancanza di aiuto da parte
Google
>> XVII -—=<
di tutti. A quegli errori tuttavia ai quali egli può rime-
diare (scusabili, forse, in un lavoro giovanile; inescusabili
tuttavia davanti alla scienza), egli ora mette riparo come
può, ponendo le correzioni in alcuni fogli aggiunti in fine
al volume. Chi gli fece conoscere gli errori, tra leggieri
e gravi, nei quali egli era caduto, fu il Sig. C. J. SevBoL.D
che in un lungo articolo, in data del Dicembre del 1883
da Heilbronn, inserito nel Lz/teratur-B/att fiir. Orzen-
talische Philologie, Juli-August 1884, I. B. 10. u. 11. /7eft,
esaminò molto accuratamente e molto attentamente il
Manuale, lodò quel poco che credette di poter lodare, e
censurò tutto il resto. L'autore gli è grato di questa
censura che egli riconosce esser giusta (eccetto là dove
il SevoLp gli addebita anche gli errori di stampa), tanto
grato, che, come può vedere il lettore, egli, nelle pagine
aggiunte, ha corretto moltissime cose, accettando quasi
tutti (tutti, in coscienza, non si poteva) gli appunti fatti-
gli da lui.
Ma se lo ringrazia per la giusta censura, non lo rin-
grazia per il modo aspro, burbero, con cui l’ha fatta.
L'autore non ha incontrato in lui l'amorevole collega che
fa avvertito il collega suo degli errori in cui è caduto;
ma s'è imbattuto in un censore rigido e accigliato che
sale in cattedra e, tenendo in pugno lo staffile e pestando
de’ piedi, fa la lezione allo scolaretto ch’ egli vuole ingi-
nocchiato innanzi a sè!. Di questo suo contegno l'autore
non ringrazia di certo il Sig. SevBoLb; ma lo prega di
1 Ricordiamoci che Giacomo Meyerbeer diceva: ,,Das Z/auptthema vieler
Aritiker (in Deutschland) ist, die svirklichen oder vermeinten Schattenseiten recht lang
und breit cu besprechen und den Autor wie cinen Schulknaben heruntersumachen, der
noch Viel, sehr Vicl zu lernen habe (Scuucut, Aleyerbeers Leben und Bildungsgang.
Leipzig, 1869, S. 364).
Google
d- XIX <<
pensare e di vedere se acquista maggior simpatia presso
il pubblico lo scolaretto inginocchiato o il censore che
grida e mena la sferza. Tanto poi aveva voglia il
Sig. SevBoLp di menar la sferza nel momento ch’ egli
scriveva quell’ articolo, che, dimenticatosi per un momento
del Manuale e del suo autore, se la pigliava con gl’ Italiani
in generale perchè, secondo lui, non sanno usar bene dei
risultati della scienza tedesca. © studiosi d’Italia, udite
cosa vi grida dalla sua cattedra di Heilbronn il mio e
vostro censore? È ora di far senno! se no, ci toccano le
sferzate!
Auguriamoci intanto che quest’ Axsologia Firdusiana
possa trovar buona fortuna presso gli studiosi, secondando
i voti del suo autore e dell’ Editore ancora, che non
risparmia dispendio e cure per metterla fuori.
Torino, Gennaio 1891.
I PIZZI.
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GRAMMATICA
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GRAMMATICA PERSIANA
e
I FONOLOGIA
I. ALFABETO.
1. Dei popoli Ariani o Indo-europei che un giorno,
secondo l'opinione dei più, abitarono uniti negli altipiani
dell’ Asia centrale e che poscia si distesero per sì ampio
tratto di paese, dall’ India all’ Islanda, gli Indiani e gli
Irani soltanto rimasero nell’ Asia, gli altri invece passando
in Europa, ne occuparono tutta la parte meridionale col
nome di Greci, di Itali e di Celti, e con quello di
Slavi e di Germani o Teutoni tutta la parte più al
settentrione. Tra Irani e Indiani trovansi maggiori somi-
glianze che con altri popoli non solo nella lingua, ma
ancora in molte cose di religione e di costumi; e i primi
che abitarono quel vasto paese che dalle montagne che
rasentano l’Indo va fino al Golfo Persico, dall’Armenia
fino al Belucistàn, conosciuti più comunemente sotto il
nome di Persiani, quando caddero sotto i loro colpi i
grandi imperi semitici di Ninive e di Babilonia, fondarono
una nuova monarchia che toccò il suo massimo splendore
con Ciro il grande e con Dario figlio di Istaspe, e declinò
poi con Serse e coi suoi successori. Questo gran popolo
1*
Google
> 4 -«
persiano, ora invilito e snervato dalle dottrine di Maometto,
nei tempi di sua maggior potenza e floridezza, ebbe tre
grandi monumenti, le Iscrizioni cioè degli Achemenidi,
dette cuneiformi dalla foggia dei caratteri fatti a cuneo,
il libro sacro detto Zendavesta o meglio Avesta, che
contiene le sacre dottrine di Ormuzd rivelate a Zoroastro,
e il Skéhknameh o Libro dei Re di Firdusi. È ben vero
che la forma nella quale abbiamo ora tanto l’Aveste
quanto il Z26r0 dei Re, non è molto antica (Firdusi poi
visse nel decimo secolo dell’ Era volgare); ma la tradi-
zione religiosa conservata nel primo e la leggenda epica
del secondo sono molto più remote, risalgono ai tempi
anteriori alla storia, e contengono le prime idee di quel
popolo intorno alle cose morali e religiose, e le memorie
degli eroi e dei re della sua prima età semplice e quasi
fanciullesca.
2. Dopo. Firdusi, che visse e poetò dal 940 al 1020
dell'Era volgare, la letteratura persiana perde il suo
carattere nazionale. Firdusi stesso era Mussulmano; ma
come con lui si chiude il ciclo dei poeti epici in Persia,
così tutta la letteratura a lui posteriore abbandona i
grandi soggetti nazionali, riguardati con occhio sospettoso
dai fanatici Mussulmani tanto che lo stesso Firdusi corse
grave pericolo di essere condannato come seguace di
Zoroastro, e si volge ad imitare i poeti e i prosatori
degli Arabi, coi quali era altresì entrata nell’ Iràn la
religione di Maometto. Lo stesso /skexdernàmeh o Libro
di Alessandro Magno di Nizàmi è un infelice tentativo di
epopea, nel quale non trovi le antiche e genuine leggende
iraniche del Zero dei Re e dell’ Avesta, nè il vigore
delle poesia di Firdusi; e il poemetto di GAmi, Yiswf
u Zuleykhà, è dovuto alle tradizioni arabe intorno a
Giuseppe figlio di Giacobbe e alla moglie di Putifarre,
quali si trovano riferite nel capo XII del Corano. Eppure
dal secolo XI al XV vissero e poetarono in Persia molti
Google
> 5 «i
e grandi ingegni, quali Nizàmi, Khàkani, Hàfiz, Saadi,
Gàmi, e Mirkhondi scrisse le sue storie. Me il fare e
lo stile di questi scrittori è foggiato all’ araba in gran
parte, come pure la loro lingua va sempre più accogliendo
parole arabiche, non sempre per necessità di vocaboli,
ma per un vezzo mal inteso degli scrittori.
3. Le lingue iraniche si solevano già dividere in
— due rami, nel ramo cioè orientale e nell’ occidentale.
Al primo appartiene la lingua nella quale è stato scritto
l'Avesta e che chiamasi impropriamente zexd, mentre
altri usa chiamarla artico battriano, ritenendola per la
lingua antica della Battriana; in Germania almeno si usa
designarla con quest’ ultimo nome (in ted. a/tba£trisch).
L'Harlez, all’ uso orientale, la chiama ora avestica o
lingua dell’’Avesta. La parte poetica e più antica dell’
Avesta è scritta in una lingua più aspra e ruvida che
lo Spiegel suppose essere la lingua delle valli della Sog-
diana, e conserva però grande somiglianza col zex4 delle
altre parti dellAvesta. Il zexd4 poi ha grande affinità
con la lingua sacra degli Indiani che è il sarscrito. AI
ramo occidentale delle lingue iraniche appartiene l'antico
persiano nel quale sono dettate le Iscrizioni degli Ache-
menidi sulla rupe di Behistàn, alta mille e settecento
piedi inglesi, sulle rocce di Alvend, a Murghab ed a
Persepoli. Appartiene pure a questo ramo la lingua in
cui sono scritti il Burdehesh o Libro della Creazione ed
altri libri religiosi unitamente alle versioni dell’ Avesta,
e che si chiama pellevi o huzvaresh. Dell’ origine,
della patria e del tempo di questa lingua, singolarmente
piena di parole caldaiche e siriache, si sa molto poco e
se ne va ancora trattando e questionando dai cultori di
cose iraniche; ciò soltanto che par fuor di dubbio, si è
che essa fu usata al tempo dei Sassanidi che regnarono
in Persia dal 222 al 650 dell’ Era volgare. Il férs? pure
appartiene a questo ramo, e in questa lingua è scritto
Google
>» 6 =
il Minbkhired che tratta della eccellenza della religione
di Zoroastro. Il férs? differisce di poco dalla lingua di
Firdusi, che è il persiano moderno detto comunemente
derî o lingua di corte dai Persiani, e che differirebbe di
poco dalla lingua odierna di Persia se non conservasse
molte forme antiquate proprie del férsî e del pellevi;
oltre a ciò la lingua di Firdusi è pura, mentre il persiano
moderno è pieno di parole e di espressioni arabe. Di
questa lingua imprendiamo ora a studiar la grammatica.
Alle lingue iraniche appartengono, verso occidente, anche
l'antico ed il moderno armeno coi dialetti degli Osseti,
e, verso oriente, la lingua dell’ Afghànistàn che ora però
si stima da molti che appartenga più alle lingue indiane
che alle iraniche.
4. Ora invece, come già fece il Prof. Fr. Spiegel nella
sua grande opera sulle Axzick:tà Iraniche', seguendo il
Westergaard, le lingue iraniche si dividono in ramo setten-
trionale, al quale appartiene il zex4, col suo centro a
Ragha o Rai, sede del Zarathustròtema o gran sacerdote
di Zoroastro, e in un ramo meridionale, col suo centro
a Persepoli, al quale appartiene il persiano antico che è
la lingua dei Re Achemenidi. Appartengono pure a questo
ramo il pehlevi, il pàrsi ed il persiano moderno.
5. La lingua persiana adopera una scrittura di origine
araba e ha trentadue consonanti; esse mutano di forma
secondochè si trovano isolate o in principio o in mezzo
o in fine di parola. Le parole si scrivono e si leggono
da destra a sinistra.
1 Erdnische Alterthumskunde, III, p. 741 e segg.
Google
> 7 «
CONSONANTI.
Za || i
È è I $ È ° Nome Valore
i E i|s
{I | LIL] dfalif spirito dolce greco 0). i
w|:/4||] Lbà 5
—-w|8]6 lyal Gp [5
w| xl G tà. f
XNaori il LU thà #h bleso, 9 greco moderno.
E > | slelm gîm | italiano in geo, giro.
€ age dim c iahano in cedere, cigno.
X ci>> € L hà A fricativa faucale.
bai - A
as, l& khà | 4% duro.
ci SIE
olio da'dAf Jio dal d
5. è. ddl JI3 dial | 4% bleso, è greco moderno.
>> xx| b8 |”
dd x\x| bA |?
355 è# 4; zhà J francese in 7ower.
u” | Mi» UT sîn Ss
dla I 4a |y&| ad shin | sck_ tedesco in Schaf, ch
x vi + (a ua] clocad |eg [ francese.
V 8| 4/4 |va| st dhàd | 44, 2.
Xx bib | b'b|i Uta £ forte.
\-bib bibi Wwzaà z
x es * aloe ‘ayn | spirito gutturale.
é|a A glo ghayn| £4 duro.
dii aid, LGfa f
_ Gi5 £|G| Sbkàf | 4% duro, g.
DIS KA GEkdf |£
—_T &S FF kI&k| gdf | tedesco in geser, gi0.
Google
Figura
2 È 3 i È Nome Valore
SEG BO È
2 È & G
do ed Tam o l
po | +|p| e mîm | 2
33 xa] svav |?
3 Dgla le hà A
s 2'alégl Lkyà 174 tedesco in ja.
6. La lettera J 7 seguita da | forma il nesso Y, /è.
7. I segni dei numeri, che si leggono da sinistra a
destra, sono:
{POR A è dova I »
I 2345 67 8 90
8. Le vocali sono sei, tre brevi e tre lunghe, e si
determinano in iscritto per mezzo di lineette o virgole
poste sopra o sotto alle lettere. Le brevi sono le
seguenti:
“ a xs fathah > da
- È syauS kasrah > di
2% «4 dhammah © du
»
g. La fathah si pronuncia ora @ ora e. Noi la trascri-
veremo sempre per a per maggiore uniformità.
ro. La lettera $ non ha alcun valore, ma prende il
suono della vocale che le si appone, come: ul, LL
gia 22 tram, ushtur.
. Se poi ‘alla fathah (-) si faccia seguire un f, alla
kasrah una x» alla dhammah una ,, le vocali diventano
lunghe, come:
Google
> 9 -
è xsu fathah G dé
cs. È SypuuS kasrah ‘c'@ di
3 È xò dbammah',}3 bit.
12. Il più delle volte la kasrah lunga ha il valore
di ? e la dhammah quello di #, come pi gir, gr»
biidan; ma spesso anche la kasrah vale è, e la dhammah
vale é, come: ia 4654, de £0sh (cfr. il skr. ghosha,
z. gaosha; z. tkaésha). Questa differenza sarà notata fra
parentesi, dietro ciascuna parola, nel vocabolario, mentre,
per maggiore uniformità, noi trascriveremo sempre fe
nell’ uno e nell’ altro caso.
13. Le lettere 1, ,, S ‘delle vocali lunghe non hanno
alcun valore, e però non si pronunciano.
14. Si noti che il gruppo s& #44 si deve leggere
khò, e il gruppo h> khvà si deve pronunciare #4é, come
in I gl khvardan, khvahar, che Dêvonsi leggere
khordan, khahar. Nella trascrizione tuttavia, per maggior
chiarezza, scriveremo sempre 44va e khvà.
15. Le vocali generalmente non si trovano mai
notate nelle stampe e nelle scritture più comuni, ma
solo vi si scrivono le consonanti, lasciando alla pratica
del lettore il supplire a tale mancanza. In questo libro
perciò, non solo perchè l'imparare a leggere un testo
persiano senza vocali è relativamente assai più facile
che il leggere un testo arabo che abbia le sole conso-
nanti, ma anche perchè generalmente i testi persiani non
portano vocali, abbiam tralasciato di notarle, non man-
cando però di porre la pronuncia in caratteri corsivi
dietro ogni parola, tanto nella grammatica quanto nel
vocabolario, e di notare lo stesso segno della vocale
laddove s’incontrava qualche caso dubbio.
16. Altri segni per la lettura sono i seguenti:
Google
=> IO -=<€
A, la gazmah, us (°), che si pone sulle consonanti
che si Dêvono pronunciare senza vocali, come o kun,
3 dar; le lettere infatti .,, e5 non hanno vocali.
B, il faskaid, 93045 (*), che serve a raddoppiare la
consonante su cui si pone, come in È khurram, p narr.
C, la kamzah, das (a; che si pone in persiano dopo
i nomi che terminano in »-- @%, e4, quando a questi si
voglia far seguire la 7 del genitivo, come xl che si
legge zémah-2. Serve anche a notare una (4 y seguita
da un’ altra, come in St gigi per ari la prima y in
tal caso si scrive senza i due punti, come si vede nello
esempio addotto.
D, la maddah, sò (©), che si pone sulla | iniziale
che, in tal caso, diventa lunga, come in si ahan, 1%!
dvardan, ya dyin, yiyal amikhtan.
II, CAMBIAMENTI DI VOCALI E DI CONSONANTI.
.
17. Tratteremo dei cambiamenti delle consonanti e
delle vocali che avvengono nell’ incontro dei temi coi
suffissi grammaticali soltanto, lasciando quelli che avven-
nero già nella formazione originaria della parola persiana,
in uno stadio più antico della lingua, e che perciò
appartengono alla grammatica comparata delle lingue
iraniche.
A. Cambiamenti di vocali.
18. Se due 4, qualunque sia la loro quantità, s'in-
contrano, si pone fra loro una y, come: numd-am = numàa-
y-am, pla
19. è + ? diventa éy?, frapponendo una y, come in
numdoî = numdy-î, SL (16, c).
20. è seguito da « diventa 7y, come in g2r7-am =
giriy-am, per
Google
> II --<{
21. # seguito da « prende prima di questo @ una
y, come g%-ad = gi-y-ad, d3,; talvolta anche si risolve
È ° A 3 i
in xv, come in di-am = buv-am, pr raramente diventa
Ge
av, come in duri-am = durav-am, ey.
A
22. Quando # sia seguito da ?, fra queste due vocali
si pone una y, come in £%4-îd = g%-y-îd, AVA
Nora. — Questa y che viene a inserirsi fra le due vocali, -
corrisponde, non rare volte, ad una antica 44 che per via di 4 diventa
y nel persiano moderno. Così il np. (neo-persiano) r4-y-a7 corri-
sponde al zendo rud4 in raodheîiti, np. d-rd-y-am a un zendo d-rédh,
np. giriy-am a un zendo garedk. — Vedremo più innanzi come
l’antica dentale 44 si sia conservata anche nel persiano nella figura
di s dinanzi a /, come in d-rds-fan, z. d-rédh, shus-tan, z. kkshudh. —
Alle volte però questa y è inserita soltanto per togliere l’iato delle
due vocali, come in nu-md-y-am, skr. e z. md.
B. Cambiamenti di consonanti.
23. Quando qualcuno dei suffissi grammaticali che
cominciano per %, cioè £am, ti, tîm, tîd, tand, tan, tah,
si unisce a qualche tema, questo £ si muta in 4, purchè
il tema termini in vocale o in qualsiasi altra consonante,
eccetto 5, 2, s, sà, 2, 4, e la sillaba ér. Quindi avremo:
gè-tam = gà-dam, pol:
dazmi-tah = dezmi-dah, sozagl.
pursi-tan = pursi-dan, j0surs.
kar-tand = kar-dand, dio
màn-ti = màn-dîi, soil.
24. Quando invece il suffisso che comincia per 4,
sia preceduto da una delle consonanti 6, 2, s, sk, z, 4 o
dalla sillaba 47, allora questo £# rimane inalterato e le
consonanti si mutano secondo le regole seguenti.
25. Il 6 dinanzi al # del suffisso mutasi in f; come
in #06-tah = kif-tah, xksyS.
1 ASCOLI, Studi Irani, art. I°, Sfaldature dell antica aspirata, p. 5 e segg.
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z3> 12
26. Il © davanti al £ si cambia in f, come: 4éav-tarm =
kaf-tam, pis; rav-tan = raf-tan, o) Il tema 24
risolve 4 in uv e muta v in / cioè: guv-tam, guf-
tam, pais; ciò si spiega col suono primitivo della radice
£%, dire, che era g%v o g%5, come si vede nel caubata?y
e nell’ agaubatà del persiano antico delle Iscrizioni, pro-
venienti dalla radice g%5, dire'; uv quindi unito al
suffisso ha obbedito alla regola comune, gue-tam = guftan:,
io dissi.
27. La s dinanzi al # mutasi in sk, come in rîs-tax -
rish-tan e rish-tan, ii) e giéy
28. La s dinanzi a £ mutasi anche in #4, come in
shinàs-tam = shinòkh-tam, pila.
29. La 2 (che rappresenta un’ antica palatale, np.
afriîz = z. aîwi-rut) innanzi a £ mutasi in #4, come:
angiîz-tan = angîkh-tan, ia.
30. La 4% dinanzi a £ mutasi in s; #4/4-tam — kàs-
tant, piilS.
31. La sillaba ér colla quale terminano molti temi
verbali, innanzi al f mutasi in dsk, come: argàr-tan =
angàsh-tan gialli.
32. La 4 finale innanzi al suffisso plurale éx si muta
in g, come: murdah-àn = murdag-àn, goye. A tutto
rigore si dovrebbe dire che la % finale in questo caso è
un affievolimento del primitivo £ e questo di £ che trovasi
nel pehlevico, p. e. phi. g&ma£ e np. gàmal, sel>, veste.
Innanzi al suffisso df quest’ 4 si muta in g, come in
nuvishtah-àt = nuvishtag-àt, «lsrityi. Questo suffisso
s'incontra solo nel persiano dell’ epoca più tarda e sembra
esser stato preso in prestito dall’ arabo, come vedremo
più innanzi.
33. ll pronome pl 7, questo, nella forma di I
21, dinanzi alle parole 3) FRE (0), i shab, Jlu sal,
1 SPIEGEL, Altpersische Atilinschriften, p. 196.
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> 13 «
muta la x in #w, come: iyyel îm-r2 (6), questo giorno,
oggi; duel 24-skad, in questa notte; Jluet 272-584, in
quest’ anno.
II TEORICA DELLE FLESSIONI. — A. VERBO.
I. TEMI DEL VERBO.
34. Il verbo persiano si può ridurre a due temi, dei
quali chiameremo l'uno tema di presente, l'altro tema di
passato; così di \ghuisr bdakhshidan (infin.), donare,
isso bakhsh è AU tema di presente, Qudtr dalAshid
quello del passato. — Il fema del presente si potrebbe
anche chiamare radice del verbo.
35. Al tema del presente appartengono il fresexze, il
futuro, l'imperativo e il participio presente; appartengono
al tema del passato il passato, l'infinito e il participio
passato. — Il passivo e gli altri tempi si determinano coi
verbi ausiliari, come vedremo.
II. TEMA DEL PRESENTE.
36. Il tema del presente si può definire quella parte
essenziale del verbo priva di ogni suffisso. A questo
tema si aggiungono immediatamente le terminazioni, se
esso termina in consonante; così dal tema jiss be44sk,
donare, abbiamo pisr bak4s4-am, io dono. Se poi il
tema termina in vocale, nell'aggiungere le desinenze del
presente si osservano le regole dei paragrafi 18, 19, 20,
21 e 22. i
37. Le terminazioni del presente sono am, î, ad
per il singolare; 77, î4, @24 per il plurale.
38. Tema in consonante, deZ4sk, donare:
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> 14 «=
3 bakhsh-am, io dono.
s bakhsh-t, tu doni.
cid bakhsh-ad, egli, ella dona.
bakhsh-îm, noi doniamo.
dito bakhsh-îd, voi donate.
iis bakhsh-and, essi, esse donano.
39. Temi in vocale, fé/é, purgare, g77Î, piangere.
gi, dire:
peYl d6/4-y-am, io purgo.
SI péala-y-î, tu purghi.
dat giriy-ad, egli, ella piange.
psp g£irîy-im, noi piangiamo.
dai g%-y-îd, voi dite.
Dia g%-y-and, eglino, elleno dicono.
40. Il futuro ha le stesse terminazioni del presente
e si forma da questo premettendo la particella xs 6%%,
come piso x 04 bakhsham, io donerò; per lo più
questa particella si prepone al verbo perdendo l'ultima
lettera 4, cioè miuir 67-bakhsham. I temi terminanti
in vocale hanno, per le terminazioni, le stesse regole del
presente. Avremo quindi:
= bi-bakhsh-am, io donerò.
bi-bakhsh-î, tu donerai.
UNLa bi-pàla-y-ad, egli purgherà.
ps bi-pàlà-y-im, noi purgheremo.
d45,i bi-giriy-îd, voi piangerete.
Disk di-giy-and, essi, esse diranno.
41. I temi che cominciano per vocale, tra la vocale
della particella 67- del futuro e la vocale iniziale del tema
pongono una y, come d2-y-àg-am, pelo, io pianterò, dal
tema _i ag; talvolta però il y si tralascia come: d3l,
bi-àg-ad, egli pianterà. Trovasi anche, specialmente nel
verso, soppressa la 7 della particella 6?-, come: A4>L 8'-ag-
ad, egli pianterà. Se. poi il tema comincia per vocale
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> I6 -<
III. TEMA DEL PASSATO.
44. Il tema del passato si forma da quello del pre-
sente coll’ aggiunta di un # al quale tengono dietro le
desinenze. Così dal tema di presente lo mér si fa