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<TEI><text><body><pb n="239"/>
<head>TRADUZIONE LETTERALE DEI PRIMI OTTO CAPI DELL’ ANTOLOGIA
(Vedi la Prefazione).</head>
<div type="textpart" subtype="selection" n="1">
<head>I. IL RE HOÒSHENG.</head>
<p>
(Vedi l’Introduzione premessa al testo).
Siyâmek fortunato aveva un figlio che presso l’avo
suo (Gayûmers, padre di Siyâmek, primo re e primo
uomo, v. il Vocab.) teneva il postò di consigliere. Di [questo]
valoroso il nome era Hôsheng; tu diresti che [egli] era la
Prudenza e l'Avvedutezza [in persona]. Presso all’ avo
suo egli era [come] un ricordo del padre suo (Siyâmek, il
padre di Hôsheng, era stato ucciso dal Dêvo Nero), e
[quest'] avo l'aveva allevato nel [suo] grembo. L’avo (<f>ash</f>
dipende da <f>dâshtî</f>) lo teneva in luogo del figlio, [e], fuor
di lui, non poneva su nessun [altro] gli occhi (sing.).
Allorquando [egli] pose il cuore (pensò, ebbe intenzione)
alla vendetta ed alla guerra (per vendicar la morte di
Siyâmek), chiamò [a sè] quel valoroso Hôsheng, tutte
le cose che dovevano avvenire, a lui raccontò, tutti
i secreti gli aprì dall’ intimo [dell’ animo, dicendo]: Io
voglio fare (radunare) un esercito, voglio levare un grido
[di guerra]. A te intanto esser conviene il capitano,
poichè io sono per andare (cioè son vicino a morire,
<pb n="240"/>
sono vecchio e non posso sostener la fatica di guidare
un esercito) e tu sei novello (giovane) capitano.
</p><p>
[Così egli] (Gayûmers) radunò Perî (v. il Vocab.)
pantere e leoni, tra gli animali sbrananti [radunò] lupi e
tigri coraggiose (Gayûmers qui raccoglie nel suo esercito anche le fiere, e ciò in forza del concetto che il
male rappresentato dai Dêvi si fa sentire a tutte le creature, e però tutte, comprese le fiere, devono combatterlo<note>Questa idea è stata più ampiamente svolta nel mio Discorso sull Epopea persiana premesso ai miei Racconti Epici di Firdusi, c. II, 9.</note>
secondo le loro forze). [Era un] esercito di animali e di
uccelli e di Perî, e il capitano [precedeva] con lorica e valore.
Dietro al tergo dell'esercito stava re Gayûmers, [e] il
nipote [suo] (Hôsheng) [andava] innanzi con l'esercito.
</p><p>
Venne allora il Dêvo Nero [pieno] di terrore e sgomento,
e intanto fino al cielo [egli] spargeva (sollevava) la polvere;
per gli urli delle [fiere] laceranti (armate d’artigli) le branche
(al sing.) del Dêvo restarono rintuzzate agli occhi del re
del mondo (Gayûmers). Ambedue le schiere caddero
insieme (si scontrarono), [e] i Dêvi furono oppressi (sgominati) dalle fiere (dell esercito di Gayûmers). Hôsheng
[allora], come leone, allungò la mano, e fece angusto il
mondo (frase iperbolica per dire: ridurre all’ estremo
qualcuno) al maligno Dêvo; gli trasse da capo a piedi
tutto insieme un vincolo di cuoio (lo legò da capo a
piedi); il capitano (Hôsheng) gli troncò quella testa senza
pari (orribile più di ogni altra); lo gettò ai [suoi] piedi e
lo calpestò ignominiosamente, dopo avergli (lett. sopra di
lui) lacerata la pelle, dopochè ogni cosa fu ridotta al-
l'estremo [per lui].
</p><p>
Quando Gayiêmers riuscì [quale] esattore di quella
vendetta, giunse per Gayûmers la vita alla fine. Egli
se ne andò (morì), e [il regno del] mondo rimase di lui
[come] eredità; [e tu] osserva a chi mai dopo di lui toccherà
un [simile] onore. [Egli] occupò (dominò) il mondo ingannatore;
<pb n="241"/>
percorse la via dell’ utilità [in pro degli uomini], ma
[egli] non godè [alcun] frutto. Il mondo da capo a fondo
è come una illusione e [anche] di più; [in esso] non dura il
male e il bene per nessuno.
Hosheng [quindi], signor del mondo, con senno e
giustizia in luogo dell’ avo [suo] si pose sul capo la corona.
Si rivolsero sopra di lui quaranta giri annui [di sole], su
[di lui cioè] pieno il cervello (la mente) di senno e pieno
il cuore di giustizia. Allorquando [egli] si fu seduto sul
trono della grandezza, così parlò su quel soglio della
maestà reale: Sopra i sette climi (<f>kishvar</f>, v. il Vocab.)
sono io re, vittorioso in ogni luogo e di libera volontà,
per comando di Dio vittorioso, cinto strettamente la cin-
tura (cioè sempre pronto, lat. <lat>accinctus</lat>) per la giustizia
e la liberalità.
</p><p>
D’allora [in poi egli] abbellì [tutto] insieme il mondo e
fè piena [di opere] di giustizia la faccia del mondo. Primieramente [gli] venne alle mani (gli accadde di scoprire) una
[nuova] materia, ed [egli] con sapienza separò la pietra dal
ferro (scoprì l'uso del ferro). Fece [egli] capitale (cioè sorgente di ricchezza) il ferro risplendente che egli da quelle
rupi traeva fuori. Quand’ [egli] ebbe conosciuto (appreso)
[tutto ciò], fece (esercitò) l'arte del fabbro, inquantochè di
esso (di ferro) compose bipenni, seghe e scuri. Quando
ciò fu fatto, [egli] fece (trovò) l'arte dell’ acqua, la trasse
cioè dai fiumi (sing.) e inaffiò (lett. accarezzò, abbellì) la
campagna. Fece (aprì) la via all’ acqua per i rigagnoli e i
ruscelli (sing.), e con la [sua] reale maestà abbreviò la
fatica [del lavorar la terra]. Allorquando gli uomini, [fatti da lui] sapienti in ciò, progredirono [fino] a spargere la
semenza e [ad attendere] alla seminagione e alla mietitura,
ciascheduno di essi [d’allora in] poi [si] preparò il proprio
pane, lavorò [la terra] e conobbe i proprii confini, inquan-
tochè prima che questi fatti (queste cose) fossero preparati
(compiuti), non vi era cibo (plur.) alcuno fuor dei frutti
<pb n="242"/>
[degli alberi], e tutte le opere (sing.) degli uomini non
erano in buona condizione, perchè il vestire di loro tutti
era, [allora], [soltanto] di foglie.
</p><p>
Gli avi [nostri] avevano anche una legge e una religione [e] l'adorazione divina (di Dio) era dinanzi (cioè era
in onore). A quel tempo era il fuoco [che ha] bel colore,
come (quale) è [ora] per gli Arabi il tempio della Pietra
[sacra] (posta nella Kaaba, v. il Vocab.; Firdusi scriveva
nel 1000 e la Persia già erasi convertita alla religione
degli Arabi); ma il fuoco [che è rascosto] dentro le pietre,
per lui (Hôsheng) venne manifesto (venne alla luce;
Hôsheng trovò l’uso del fuoco), dal qual [fuoco] si sparse
[poi] la luce nel mondo.
</p><p>
Un giorno il re del mondo (Hôsheng) si recò al
monte con alcuni in compagnia, [quando gli] apparì di
lontano una cosa lunga, di colore oscuro, di nero corpo
e veloce al corso. Due occhi [aveva] al di sopra della
testa come due fonti di sangue; e pel fumo della bocca sua
il mondo diveniva di color fosco. Osservò [quella cosa]
Hôsheng con attenzione e prudenza, prese una pietra e
mosse a battaglia. Con la suà eroica forza, scagliando
la pietra, stese la mano, [ma] il serpe che il mondo ardeva,
saltò lontano dal cercante il mondo (che cerca il potere
del mondo, principe). Sopra una grossa pietra urtò la
pietra piccola, e l'una e l’altra pietra si ruppero in parte.
Uno splendore apparì da ambedue le pietre, e quel luogo
petroso divenne color di fuoco per lo splendore. Non
restò ucciso il serpe; ma, dal secreto (dal luogo dov’ era
nascosto), da quella pietra [cioè], uscì il fuoco. [Quando]
alcuno batte il ferro sopra una pietra, da essa vien fuori
una luce. [Il re allora], signor del mondo, dinanzi al
Creator del mondo fece adorazione e [ne] celebrò le lodi,
perchè gli aveva dato in dono quella luce; [ed egli quindi]
in quel momento fece [sì che] il fuoco fosse quello a cui si
volgessero gli uomini nel pregare (v. il Vocab.). E disse:
<pb n="243"/>
È questa una luce divina; è d’uopo adorarla, se pure
siete [voi] (sing.) assennati. Venne la notte, ed il re accese
un fuoco come un monte, ed egli stava in giro [attorno ad] esso con la [sua] gente. Fece festa in quella notte e
bevve vino, e fece (destinò) il nome di Sadeh a quella
festa felice. Questa festa Sadeh rimase qual ricordo di
Hôsheng; possano essere molti i principi come lui! poichè
[egli] col far bello il mondo, lo rese felice, e gli uomini
fecero ricordanza di lui in bene.
</p><p>
Con tale gloria divina e [tale] potenza di re, dalle
fiere selvagge, [dagli] onagri e [dai] cervi procaci separò i
bovi, gli asini e le pecore (sing. collett.), e trasse al lavoro
quelli [tra essi] che [erano] utili. Il re del mondo Hôsheng
con avvedutezza disse [alla gente]: Teneteli separati a
coppie a coppie, con essi lavorate, da essi traete utile
e allevateli [perchè rechino] tributo a voi medesimi. Dei
quadrupedi uccise quelli di cui [è] utile il pelo; e trasse
loro la pelle, come scoiattoli, armellini e volpi astute, e
in quarto [luogo] conigli che hanno molle il pelo. In tal
maniera con la pelle dei quadrupedi vestì la statura (il
corpo) dei parlanti (degli uomini; v. il Vocab.). [Così egli]
fece doni e fu liberale e godette e fu contento, poscia
morì (lett., andò), nè restò [di lui] che la fama [sua] buona.
Per quarant’ anni, con soddisfazione e contentezza, con
giustizia e liberalità esistette (visse) quel glorioso. Molti
dolori sopportò in questa vita con cure e pensieri in-
numerevoli; ma quando sopravvenne [anche] per lui il tempo
del bene (del morire), di lui rimase [qual] retaggio il trono
della grandezza; il fato non gli concesse lungo tempo [di vita], [e] partissi [dal mondo] quel re Hôsheng con la [sua]
prudenza. — Il mondo non stringerà mai [amicizia] con
te, nè mai ti mostrerà aperto il volto (così parla Firdusi
della instabilità della fortuna).
</p></div>
<pb n="244"/>
<div type="textpart" subtype="selection" n="2">
<head>II. IL RE Dahâk. (Vedi l’Introduzione premessa al testo).</head>
<p>
[1] Era[vi] un uomo in quel tempo [2] della campagna [abitata]
dai cavalieri armati di lancia (i deserti d’Arabia abitati
da gente bellicosa), [3] re insieme di gran valore e insieme
uomo onesto, [4] [pieno] di sospiri per timore del Reggitor
del mondo (Iddio). [5] Il nome di [quel] valoroso era Mirdâs, [6]
ed [egli] per giustizia e per liberalità era [uomo di] supremo
grado. [7] A lui di quadrupedi (sing.) da mungere venivano
a [quel] luogo (si radunavano alla sua casa) [8] le migliaia
(sing.) di ogni [specie, porchè egli, quell’ uomo] [10] di pura
religione, aveva consegnato ai mungitori (da mungere e
da custodire) [9] capre e cammelli e pecore parimente [11] e insieme vacche lattanti ai servi (sing. v. il Vocab.) [suoi] [12] e
insieme arabi cavalli leggiadramente correnti. [13] A chiunque
poi avesse bisogno di latte, [14] per cotesta cosa desiderata
[egli] stendeva la mano (cioè concedeva di prenderne libera-
mente). [15] Quest' [uomo] di pura religione aveva un figlio, [16] pel
quale non aveva parte piccola d'amore. [17] [Questo giovane]
desideroso di regno (ambizioso) [aveva] nome Zahhâk
(Dahâk, v. il Vocab.), [18] ed era coraggioso e precipitoso e
imperterrito. [19] Tutti lo chiamavano Bîverasp; [20] tal nome
usavano [allora] in [lingua] pehlevica (v. il Vocab.), [21] inquantochè bîvar tra i numeri (sing.) pehlevici [22] è (vale) nella
lingua derî (v. il Vocab.) diecimila; [23] [e perchè] egli aveva
(lett., erano a lui) diecimila (<f>bîvar</f>) cavalli (<f>asp</f>) arabi con
auree briglie, [24] perciò (<f>kih</f>) gli portavano (gli applicavano)
[tal] nome. [25] [Egli] giorno e notte per due parti (cioè per
due terzi del giorno e della notte) era (stava) in sella,
soltanto per via (a cagione) di grandezza, non per via
di guerra (cioè: cavalcava non perchè avesse da far guerra,
ma solo per fasto, per superbia).
</p><p>
[27] [Ora] così fu (avvenne) che un giorno, [all'] alba, [28] Iblîs
(Ahrimane, il genio del male, v. il Vocab.) venne (si
<pb n="245"/>
presentò al giovane Dahâk) in guisa di un-amante-del-bene
(di un uomo onesto); [29] egli portò via (disviò) il cuore del
principe (Dahâk) dalla via del bene, [30 [e] il giovane concesse
l'orecchio ai detti (sing.) di lui; [31] [e] veramente gli piacque
il detto di colui, [32] nè [egli] era consapevole delle malvagie
opere (sing.) sue; [33] a lui quindi abbandonò (diede in potestà)
la mente e il cuore e l'[anima] pura, [34] [e] sparse [così] sul
proprio capo la polvere (cioè: fece danno a sè medesimo).
[35] Allorquando Iblîs conobbe che egli gli aveva dato il cuore,
[36] alle sue arti si volse indicibilmente lieto. Molte parole
[37] [gli] disse adorne e graziose, [38] [onde] al giovane il cervello
(la mente) fu (diventò) vuoto di conoscenza (si smarrì,
si lasciò sedurre). [39][Iblîs] andava dicendo: Io ho (conosco,
so) molte parole (cose) [40] le quali nessuno fuor di me
conosce. — [41] Il giovane disse: Dil[le] e tanto non indugiarti,
[42] insegna[le] a noi tu, o [uomo] dai retti consigli — [43] A lui
disse [Iblîs]: Desidero prima di te (da te) [un] patto, [44] [e] poscia
allora [ti] svelerò veramente [queste] parole. — [45] Il giovane
era semplice di cuore e il patto fece con lui, [46] [e] come
quegli comandò, pronunciò il giuramento, [dicendo]: [47] Il tuo
secreto io non dirò con alcuno assolutamente (lett., dal
fondamento, cfr. lat. <lat>funditus</lat>); [48] da te io udirò (ubbidirò a)
qualunque parola tu [mi] dirai.
</p><p>
[49] [Iblîs allora] gli disse: Nella [tua] casa [50] perchè [mai], o
giovane celebrato, è necessario qualche altro principe
fuor di te? [51] A che è necessario un padre, quando [vi] è
un figlio come te? [52] A te [ora] conviene udir da me un
consiglio. [53] Per questo principe carico d'anni (Mirdâs)
resta [ancora] un lungo tempo (egli ha molto tempo da
vivere ancora), [54] [e] tu [restera] nell’ oscurità. [55] Prendi (occupa)
cotesto suo reale palazzo di gran pregio; [56] a te nel mondo
[ben] conviene il suo posto. [57] A questi detti (sing.) miei se
tu presti fede, [58] tu sei [già] al (nel) mondo un re.
</p><p>
[59] Quando Zahhâk (Dahâk) ebbe udito [ciò], fece pen-
siero (diventò pensieroso), [60] [e] per il sangue (la vita) del
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padre [suo] il suo cuore fi pieno di dolore. [61] A Iblîs disse:
Cio non è conveniente. [62] Altre [cose] dim[mi]. poichê queste
(sing.) non sono della serie dei fatti (non sono cose da
farsi). — [63] A lui disse [Iblîs]: Se [tu] ti allontani da questa
parola (dalla tua promessa) [64] e ti ritraggi dal patto e
giuramento mio (fatto a me), [65] rimanga [pure] sul tuo collo
(culli tua coscienza) il giuramento e il patto, [66] sii [pure] vile
(senza onori), e resti il padre tuo onorato (cioè con
l'autorità di re).
</p><p>
[67] [Così egli] portò (trasse) nel laccio il capo (l'anima. la
mente) di [quell'] uomo arabo (Dahâk era figlio di Mirdâs
re degli Arabi, v. sopra), [68] [e] così accadde che quegli
(Dahâk) scelse (segui) il comando di lui (di Iblîs). [69] [Dahâk]
[allora] [gli] domandò: Questa [tua] astuzia (arte, per cui io
possa ottenere il regno) con me (a me) [tu] esponi, [70] nè [io]
mi ritrarrò dal consiglio tuo in nessuna maniera. — [71] A lui
disse [Iblîs]: Io farò (metterò in opera) per te un’ astuzia, [72]
[per la quale] solleverò fino al sole il tuo capo. [73] Tu sta
attento all'opera [mia] affatto, [74] nè mi è necessario l’aiuto
di nessuno. [75] Così come sarà necessario, io farò [il tutto]
compiutamente; [76] tu [frattanto] non trarre dalla guaina la
spada della parola (serba il secreto di ciò che ti confido).
</p><p>
[77] Quel re (Mirdâs) aveva nella [sua] casa un giardino
assai esilarante il cuore (l'animo). [79] [Quell’] uomo valoroso
soleva sorgere all'alba, soleva adornarsi per adorare
[Iddio] (lett., per parte dell’ adorazione); [81] il capo e il corpo
soleva lavar nascosto (nascostamente) in [quel] giardino,
[82] nè [alcun] servo soleva portar con lui [alcuna] lampada. —
[83] Per tal tristo scopo il Dêvo (Iblîs, Ahrîmane) malvagio
[84] scavò una profonda fossa sul sentiero [del giardino]; poscia
[85] [egli], Iblîs il maligno, con erbe rivestì (ricoprì) questa
fossa profonda e calcò (appianò) la via. [87] Venne la notte;
volse il volto (si diresse) al giardino [88] il capo degli Arabi,
un principe desideroso di gloria. [89] Quando giunse vicino
a quella fossa profonda, [90] ad un tratto a capo-in-giù andò
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(rovinò) il capo della fortuna di [quel] re (per dire: il re
stesso). [91] Cadde entro la fossa e s’ infranse sfracellato [le membra]; [92] partì (morì) quell uomo di retto cuore, servitor
di Dio. [93] In ogni bene e [in ogni] male [fu quel] re uomo
generoso, [egli che] per il figlio giovinetto aveva [tanto]
sospirato, [95] e l'aveva nutrito con vezzi e con cura (lett.,
dolore), [96] per lui era lieto e a lui aveva donati tesori (sing).
[97] Cotal figlio di lui, audace e di ree opere, [98] non cercò (non
volle) per via d'amore il patto con lui (non volle essere
amico del padre, non volle unirsi con lui ad un patto),
[99] [ma] diventò complice [di Iblîs] contro il sangue del padre.
[100] — Io ho udito da un sapiente questa storia, [101] che [cioè] se
un figlio malvagio fosse [anche] un feroce leone,[102] non è
mai (non si fa) però (<f>ham</f>) ardito contro il sangue (la vita)
del padre.
</p><p>
[103] Con quest’ astuzia il vile Dahâk, ingiusto, [104] occupò il
trono del padre, [105] sul capo si pose la corona degli Arabi
[106] [e] fra loro dispensò utile e danno (premiò o punì, secondo
le opere). [107] Allorquando Iblîs vide compiuta cotesta cosa
(lett., vide congiunta, accomodata questa parola), [108] pose
fondamento [ad] un altro inganno novello, [109] [e] disse a lui (a
Dahâk): Poichè a me ti sei rivolto [110] e nel mondo hai
trovato [compiuto] tutto il desiderio del [tuo] cuore, [111] se così
pure farai ancora un patto [con me], [112] nè ti ritrarrai dai miei
detti (sing.) e farai (eseguirai) il [mio] comando, [113] il mondo
da confine a confine è (sarà) per te (il tuo) regno, [114] le
fiere con gli uccelli e coi pesci (sing.) sono per te (saranno
cosa tua). — [115] Poichè questa [cosa] fu detta, [egli] un altro
affare incominciò, [116] e intraprese, oh! meraviglia, un’ astuzia
in altra maniera.
</p><p>
[117] [Egli] fece (lett., ornò) di sè stesso un giovinetto (si
trasformò in giovinetto), [118] pronto nel parlare (lett., dicente
parole), di cuore veggente (avveduto) [e] di puro corpo.
[119] Tosto [egli] si rivolse a Dahâk, [120] nè aveva [sul labbro altro]
dettò fuorchè le [sue] lodi (sing.); [121] gli diceva [intanto]:
<pb n="248"/>
Se io sono conveniente per il re, [122] celebre e puro cuoco
sono io. — [123] Quando Dahâk udì [ciò], lo accarezzò [124] e per
parte (per via, <lat>propter</lat>) di [preparargli] il cibo gli fece
(destinò) un luogo. [125] Il maggiordomo che aveva autorità
spedita (libera nel comando), [126] gli diede la chiave della
cucina. [127] A quel tempo non era molto il nutrimento (i mezzi
di nutrirsi erano scarsi allora), [128] poichè il cibo era privo
(lett., da meno) degli [animali] uccisi (non si usava ucci-
dere animali per cibarsene); [129] [gli uomini infatti a quel tempo] non mangiavan di nulla fuor che di erbe [130] e di
qualunque altra [cosa] ancora che solleva il capo (spunta)
dal suolo (<f>caz</f> = <f>cih az</f>). [131] Ma poi Ahrîman (Iblîs), dalle
opere ree, fece (concepì) [questo] consiglio, [132] fece luogo nel
[suo] cuore (accolse) [all’ intenzione] di uccidere gli animali.
[133] Di ogni specie di uccelli e di quadrupedi [134] fece (preparò)
cibi (sing.) e ad un tratto [li] portò al luogo (li apprestò
a Dahâk sulla mensa). [135] A guisa di un leone [egli] lo
(Dahâk) nutriva col sangue, per questo [cioè] [136] per far tru-
culento (crudele) il re, perchè eseguisse (lett., facesse il
comando) [137] qualunque parola (cosa) gli dicesse, [138] e ponesse
[come] pegno il [suo] cuore al suo comando.
</p><p>
[139] Da principio gli diede per cibo il giallo delle ova [e]
[140] con questo lo tenne vigoroso (lo sostentò) per qualche
tempo, [141] e [quegli] si cibava e veramente faceva lodi di lui
(si lodava assai del novello cuoco). [142] [Quell' uomo] di turbata
fortuna (disgraziato) trovò gusto da (in) quel suo mangiare.
[143] Così [poi] disse Iblîs facitor d'incanti: [144] Vivi eterno, o re
potente, [145] poichè io domani (<f>fardât</f> = <f>fardâ + at</f>) ti farò un
cibo di tal maniera [146] che d'esso ti sarà (ti verrà) nutrimento
del tutto (ne userai sempre per nutrirti) — [147] Se ne andò,
e per tutta la notte stette a pensare (lett., prese cura, o
pensiero) qual prodigio dovesse fare alla dimane col cibo. [149]
All’ altro giorno, quando la volta di lapislazzuli (la volta
azzurra del cielo, v. il Vocab.) sollevò [150] e mostrò il fulvo
rubino (il sole), [151] preparò [egli] cibi [di carne] di pernice e
<pb n="249"/>
di fagiani bianchi [152] e se n’andò (si presentò al re) con un
cuore pieno di speranza. — [153] Allorquando il re degli Arabi
alla tavola portò (stese) la mano, [154] abbandonò il [suo] capo
di poco senno all’ amore di lui (di Iblîs; cioè, Dahâk
cominciò stoltamente ad amarlo). — [154] Al terzo giorno, [Iblîs]
gli adornò (imbandì) la mensa [156] di uccelli e di agnelli tutt’
a un tratto e in varia maniera. [157] Al quarto giorno, quando
[egli] pose la mensa, [158] [gli] preparò un cibo [fatto] col tergo
di un giovane bue, [159] in cui [eran mescolati] zafferano e acqua
di rose [160] e insieme vecchio vino e puro muschio. [161] Allorquando Dahâk stese la mano [a quel cibo] [163] e [ne] mangiò,
[162] gli venne meraviglia per quell’ uomo sapiente, [e] gli disse:
Guarda fin dove è il tuo desiderio (pensa cosa desideri
da me); [164] ciò che vuoi mi chiedi, o [uomo] d' indole pre-
clara. — [165] Il cuoco gli disse: O re, [166] vivi sempre lieto e
obbedito nel [tuo] comando. [167] Il cuor mio è tutto pieno
d'amore per te (<f>tust</f> = <f>tu ast</f>), [168] e tutto il conforto dell’
anima mia è (viene) dal tuo volto. [169] Un bisogno (un desi-
derio) io ho da parte (lett., da vicino) del re, [170] e se
anche questo diritto (lett., fondamento, grado) io non ho, [171]
pure (<f>kih</f>) il re [mi] dia comando (mi permetta) che io
baci le sue spalle (sing.) [172] e su di lui (sulla sua persona)
applichi gli occhi (sing.) e il volto mio. — [173] Quando Dahâk
udì il detto di lui, [174] non conobbe (non intese) il suo secreto
intendimento (lett., affare, mercato) [175] [e] gli disse: Io già ti
concedo (tempo pass.) questo tuo desiderio, [176] purchè (solo
perchè) possa acquistar grandezza il tuo nome. — [177] Permise
quindi che il Dêvo, come [se fosse] l'amico [suo], [178] desse
(tempo pass.) un bacio sulle sue spalle. [179] Quando [quegli] ebbe
dato il bacio, sparì nel suolo (sotterra); [180] nessuno nel mondo
aveva [mai] vista tal meraviglia. [181] [Frattanto] due serpenti
neri gli sbucarono da ambedue le spalle; [182] [egli] restò coster-
nato e da ogni parte cercò un rimedio. [183] Alla fine li
recise ambedue dalle spalle — [184] e ben giusto è (lett., è
conveniente) se per questo [racconto] tu resti nello stupore
<pb n="250"/>
(tu resti attonito) —; [185] ma come un ramo di un albero
quei due neri serpenti [186] crebbero (si rinnovarono) un' altra
volta sulle spalle del re. — [187] I medici sapienti si raccolsero [188]
e tutti, uno all’ altro, fecero discorsi (si consigliarono sul
da farsi),[189] fecero incanti d'ogni specie, [190] [ma] per quel dolore
(male, affanno) [del re] non conobbero alcun rimedio. [191] [Ma poi finalmente], alla maniera (sotto l'aspetto) di un medico,
sopravvenne Iblîs, [192] s'avanzò vicino a Dahâk con avvedu-
tezza, [193] [e] gli disse: Questo fatto che doveva essere (accadere),
[ora] è accaduto (era destino che dovesse così avvenire); [194]
ti arresta, [poichè] ciò che deve crescere, non convien
recidere (i serpenti); [195] prepara [loro] il cibo e dà loro riposo
col cibo, [196] nè conviene, oltre (<f>guz</f>) questo, far [altro] rimedio
di più (<f>nîz</f>). [197] Non dar loro [alcun altro] cibo fuorchè cervella
di uomini; [198] forse che per questo nutrimento [essi] di per
sè stessi (<f>khvad</f>) moriranno.
</p><p>
[199] Il capo dei fieri Dêvi (Ahrîmane, Iblîs) con questo suo
desiderio (proposta fatta a Dahâk) [200] cosa volle o cosa vide
(a qual meta mirava) in questo suo detto, [201] fuorchè (<f>tâ</f>,
affinchè) di fare (ordire) secretamente una frode, [202] perchè
vuoto di uomini restasse il mondo? (Ahrîmane, genio del
male, vuol distruggere la creazione di Ormuzd che è il
genio del bene, e vorrebbe quindi distruggere anche gli
uomini che sono stati creati da lui).
</p>
</div>
<div><head>III. SCONFITTA DI Dahâk. (Vedi l’Introduzione al testo).</head>
<p>
Il re Dahâk per quei detti (di Kundrav, v. l'Introd.)
venne in senno e tosto volle partire (lett., si partì);
comandò che [i servi] ponessero la sella a quel [suo cavallo]
percorritor di strade [e] sagace; [ed egli] sen venne correndo
con un formidabile esercito [di] feroci Dèvi insieme e di
guerrieri. Da (o, per) luoghi inaccessibili (lat. invia) prese
[la via] verso il suo castello, verso i luoghi abitati (v. il
<pb n="251"/>
Vocab.) e pose il capo alla guerra (cominciò l’opera della
vendetta, da che Frêdûn gli aveva occupata la reggia).
L'esercito di Frêdûn (v. il Vocab.) quando fu (plur.) consapevole [di ciò],
tutto insieme si volse per quell’ aspra
(lat. <lat>invia</lat>) strada (per la quale Dahâk veniva). [Nel primo scontro dall’ alto] dei cavalli di guerra discesero
(lett., si versaron giù) [i guerrieri], in quel luogo angusto
vennero alle mani. [Intanto] in ogni terrazzo e in ogni porta
erano (si erano raccolti) uomini della città; e chiunque
aveva parte (cognizione) dell’ arte militare, tutti erano in
desiderio di (desideravano) Frêdûn, poichè eran pieni di
dolore per la violenza di Dahâk. Dalle mura mattoni (opp.
giavellotti, v. il Vocab.), dai tetti pietre e spade e freccie
di legno duro piovevano giù nella via (sopra le schiere
di Dahâk) come grandine da una nera nuvola, nè alcuno
aveva sul suolo un luogo [stabile] (non poteva reggersi in
piedi, non poteva resistere a quei colpi). Dentro la città
chiunque era (plur.) giovane, come [anche] i vecchi che
erano esperti nella guerra, si mossero verso l’esercito di
Frêdûn (si unirono alle sue schiere) e uscirono (disertarono) dagli incanti (sing.) di Dahâk. Della voce degli
eroi risuonava il monte, [e] la terra era oppressa dai ferri
[dei piedi] dei cavalli; sopra il capo [dei combattenti] si
agglomerò un nugolo di nera polvere [e] il cuor delle rupi
schiantò [ai colpi] delle lancie (sing.; espressione iperbolica).
</p><p>
[Frattanto] da un tempio del fuoco si levò un grido
[che diceva]: Se [anche] una bestia feroce fosse [posta] sul
trono come re, noi tutti obbediremo, vecchi e giovani
(sing.), nè, ad uno ad uno (tutti), ci allontaneremo mai
dal suo cenno. Ma non vogliamo Dahâk sul trono, quell’
[uomo] impuro [che ha] i serpi [sulle] spalle (v. il c. antecedente).
</p><p>
[Allora] soldati e cittadini (sing.), [agglomerati] a guisa
di un monte, tutti insieme in una schiera [si spirgevano]
entro la mischia, [onde] da quella splendida città si sollevò
una densa polvere [tale] che il sole diventò pallido (lett.,
<pb n="252"/>
color di lapislazzuli). Ma [intanto] Dahâk [vinto] dalla rabbia
si mosse cercando [qualche] astuzia (rimedio alla rovina),
e dal [suo] esercito si rivolse alla [sua] reggia; coprì di
ferro (d'una maglia di ferro) interamente il suo corpo per
questo, perchè nessuno della folla [lo] riconoscesse, e si
recò tutt’ ad un tratto (difilato) all’ eccelsa reggia [con] in
mano un laccio di sessanta cubiti. Vide [egli] Shehrnâz
(sposa di Dahâk che ora, per i cattivi trattamenti ricevuti, congiura con Frêdûn contro di lui; v. il Vocab.), [la bella] dagli occhi neri, [trattenersi] secretamente con Frêdûn
piena di carezze (?, lett., magia, incanto). Ambedue le
[sue] guancie [erano candide come] il giorno, e ambe le sue
ciocche [di capelli] (dall' una e dall’ altra parte del volto)
[nere come] la notte, [e il suo] labbro [era] dischiuso al biasimo di (per biasimare) Dahâk. [Allora ben] conobbe [Dahâk]
che quel fatto era divino (avvenuto per voler di Dio),
[che] non avrebbe trovato scampo dalla mano del male
(dalla meritata pena), [onde] dentro il suo cervello (la sua
anima) si levò il fuoco della gelosia, [ed egli] dentro alla
reggia avventò [contro di Shehrnâz] il laccio direttamente.
Nello stesso tempo. (<f>hamân</f>) [egli] trasse dalla guaina la
spada acuta, nè aprì il [suo] secreto, nè pronunciò il [proprio]
nome (egli infatti s'era travestito per non farsi conoscere,
v. sopra); nel suo pugno era (stava) la rilucente spada,
ed [egli] era assetato del sangue delle [fanciulle che hanno]
il volto di Perî (Shehrnâz ed Ernevâz, sue spose, che ora
s'erano date a Frêdûn). Quando [egli] ebbe posto il piede
sul suolo [scendendo] da cavallo, Frêdûn si mosse [contro di lui] a guisa di turbine, portò la mano (afferrò) a quella
sua clava che-aveva-effigiato-in-cima-il-capo-di-una-giovenca
(v. il Vocab.), la calò a lui sul capo e gli spezzò la celata.
<p></p>
[Ma] sopravvenne correndo il beato Serôsh (angelo
messaggiero di Dio, v. il Vocab.). Non colpirlo, disse,
poichè non [anchora] è venuto il [suo] tempo. Tosto, sfracellatò (calpesto) [com’ è], legalo come una pietra [e] porta[lo]
<pb n="253"/>
[lontano] finchè ti si presenteranno due stretti monti. Entro
quei monti (sing.) siano i suoi ceppi (sing.; sia il suo
carcere), nè vengano a lui (nè possano venire a consolarlo) i suoi parenti o i suoi collegati. — Frêdûn quand’
ebbe [ciò] udito, lungamente non s’indugiò, ma apprestò un
laccio di cuoio di leone; con quel vincolo gli legò le due
mani e la persona [in modo] che nemmeno un elefante
furioso avrebbe sciolto quel vincolo.
</p><p>
[Frêdûn quindi] si assise sull’ aureo suo trono (<f>ûy</f>
si potrebbe riferire anche a Dahâk, e allora si dovrebbe
tradurre: il trono di lui, di D.), e rifiutò (abiurò, proscrisse) i non belli costumi di lui (di Dahâk). Comandò
che si facesse sulle porte un grido (un bando), [cioè]: O
principi (lett., celebri) con splendore e virtû (illustri e
virtuosi), non conviene che [piu] stiate con gli arnesi della
guerra e per questa via vi cerchiate lode e (o) vituperio.
Non conviene che il soldato e l'artefice, ambedue per
una stessa via, cerchino il valore (dar prove di valore).
Uno [è] dato alle arti, l'altro [è] armato di clava (ora che
è terminata l'impresa, Frêdûn non vuole che ai suoi
guerrieri si mescoli il popolo che prima si era sollevato
ed era accorso sotto le sue armi); e dell’ uno e dell’
altro (lett., di ciascuno) è [ben] determinata l’opera conveniente (ciascuno ha il proprio ufficio). Che se questo
desidera l’opera (si appropria l’ufficio) di quello e quello
l’opera di questo, la terra diventa [tosto] interamente piena
di confusione. [Poichè] è in catene colui che era impuro
(di origine impura; Dahâk era arabo, dato ad Ahrîmane
ed usurpatore) [e] delle opere del quale (lett., di lui) aveva
timore il mondo, voi lungamente restate [in pace] e siate
lieti e con letizia ritornate ai lavori [vostri] proprii.
</p><p>
Udì (obbedì, plur.) la gente alle parole del re,
[pronunciate] da quell’ uomo pieno di virtû, [fornito] di potere
regale; e quindi poi tutti [i cittadini] famosi (segnalati)
della città, chiunque cioè aveva porzione d’oro e di tesori,
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se ne vennero (lett., andarono) con letizia e con possessi
(doni, offerte), tutti pronti [nel] cuore al suo comando. Il
saggio Frêdûn benignamente li accolse, per via (per
mezzo) della, prudenza conferì loro [una] dignità; a tutti
diede consigli (sing.) e fece [una] lode, e intanto faceva
ricordanza (favellava) del Creator del mondo. Diceva
frattanto: Questo è il luogo mio; per sorte propizia, la
stella della terra vostra [ora] è rilucente, poichè Iddio
santo dal mezzo delle genti suscitò noi dal monte Alburz
(v. il Vocab.) per questo, affinchè il mondo per mezzo
della maestà mia per voi diventasse libero dal malvagio
serpente (Dahâk). [Ora], poichè misericordia [ci] apportò
la benevolenza [di Dio], conviene con rettitudine calcare
la sua strada. Io sono signore del mondo da confine a
confine, nè mi convien seder [sempre] in un luogo [solo].
Se no (cioè se potessi), io qui starei e molti giorni
passerei con voi.
</p><p>
I principi dinanzi a lui diedero un bacio alla terra,
e dalla reggia si levò un suono di timballi (sing.). Tutta
la città teneva gli occhi alla reggia, fremente [tutta] per
quello [che aveva] giorni brevi (Dahâk, vicino alla sua
fine), per [vedere quando mai Frêdûn] traesse fuori
il serpente (Dahâk) nei vincoli del laccio, così come
conveniva. Ad un tratto uscì la turba dalla città; [e]
da quella città [che] non aveva trovata (ottenuta) alcuna parte [di bene per tanto tempo], condussero Dahâk
legato ignominiosamente, gettato piangente sul dorso di
un cammello. [Frêdûn] in questa maniera trasse fino a
Shêrkhân (v. il Vocab.). — Quando tu udrai questa [storia],
chiama (giudica) [quanto sia] vecchio il mondo; molti sono
gli avvenimenti che nel monte e nel piano (in tutta la
terra) sono passati, e molti stanno per passare. — In
questa maniera [adunque Frêdûn], [uomo] di vigile (prospera)
fortuna, trasse verso Shêrkhân duramente legato Dahâk,
lo spinse nell’ interno delle montagne e già voleva (stava
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per, <foreign xml:lang="grc">ἔμελλε</foreign>) abbattergli il capo. [Ma] in quell’ istante
sopravvenne il beato Serôsh, e con atto cortese (lett., con
bellezza) gli disse all’ orecchio in secreto: Conduci quest’
[uomo] legato fino al monte Demâvend (v. il Vocab.) così
correndo e senza [questa] turba [di fofolo]. Non condur
[teco] se non (<f>guz</f>) chi non puoi a meno e nel
tempo della distretta ti accoglie al seno (ti aiuta), —
[Frêdûn allora, veloce] come un corriere, trasse Dahâk
al monte Demâvend, [e quivi lo] fece (lo pose) in ceppi.
Quando [egli] ebbe accresciuto (aggiunto) ancora un vincolo a quegli [altri] vincoli (sing.), di quello sventurato
niuna cosa più rimaneva, [poichè] il nome di lui, Dahâk,
era come polvere (aveva perduto ogni valore), il mondo
tutto era diventato libero dal male di lui; [egli] fu tolto
via (allontanato) dai suoi parenti e dai suoi seguaci, [e solo]
restò entro la montagna. nei suoi ceppi. — Frêdûn entro
il monte gli scelse un luogo angusto, notò (scelse per
lui) una caverna; il fondo di essa non [era] manifesto (non
si vedeva); arrecò [allora] gravi chiodi, [e] in un luogo in
cui dentro non era il suo cervello (scegliendo quella
parte del corpo in cui non era il cervello; <cit><quote>en êvitant de
percer le cràne,</quote> <bibl> Mohl</bibl></cit>; perchè il Serôsh aveva ordinato
a Frêdûn di non ucciderlo), gli inchiodò le mani in quel
monte per questo, affinchè [quivi egli] rimanesse lungamente in tal durezza di pena. — Vi rimase quegli sospeso
in quel modo, [mentre] da lui si spargeva sul suolo il
sangue del [suo] cuore.</p>
</div>
<div><head>IV. NOZZE DEI TRE FIGLI DEL RE Frêdûn. (Vedi l’ntroduzione premessa al testo).</head>
<p>[Serv i re del Yemen] chiamò [a sè] dinanzi il messaggiero del re (Gendel, servo di Frêdûn, mandato da lui
a Serv per chiedergli le figlie), [con lui] pronunciò (lett.,
spinse) molte parole con cortesia [dicendo]: Io sono inferiore
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al tuo re; in ogni cosa che egli comanda, io porto
(eseguisco) il suo comando. Digli per[ me]: «Se tu sei
grande, se i tuoi tre figli per te sono di pregio (hanno
pregio agli occhi tuoi), se i proprii figli (sing.) sono una
gioia per il re (in 3a pers., ma s'intende Frêdûn), e veramente essi sono convenienti (degni) del trono, tutte queste
parole che tu [mi] hai dette (mi mandasti a dire, 2a pers.,
per mezzo del tuo messo), io accolgo (approvo) e prendo
norma per le figlie (sing.) [mie]. [Ma] se il re (Frêdûn)
cercasse da me [i miei] occhi (sing.) e se [cercasse] la campagna [abitata] da eroi (il mio regno) e il trono del Yemen,
[tutte queste cose] son più vili per me (hanno minor pregio)
delle mie tre figlie, [quando io] non [le] vedessi più dinanzi
[a me] nel tempo che conviene (quando, dopo averle date
ai figli di Frêdûn, non le vedessi più come sono solito
alla mia presenza). [Ma] poi (pure) se tale desiderio ha
il re, non convien muovere il passo se non secondo il
suo comando. Secondo il comando [adunque] del re, queste
tre figlie mie usciranno dalla mia famiglia in quel tempo
allorquando (allora soltanto che) io potrò vedere i tre
re tuoi (i figli di Frêdûn), che vestono di splendore (glorificano) la tua corona e il [tuo] trono. Vengano [essi] lieti
vicino a me; questa casa mia oscura (umile) [ne] diverrebbe
lucente (ne riceverebbe onore); il cuor [mio] alla lor vista
[ne] sarebbe lieto [ed] io vedrei (ammirerei) la vigile anima
(plur.) loro. Dopo, a quel tempo (allora), io consegnerei
loro i miei tre occhi lucenti (le tre figlie) secondo i riti
miei (secondo il costume e le leggi della mia casa).
Quando io vedrò che il loro cuore (dei figli di Frêdûn)
è pieno di rettitudine, dietro un patto [conchiuso] con loro
prenderò (stringerò) [loro] la mano con la mano. Se poi [al re Frêdûn] verrà bisogno (desiderio) della loro vista,
tosto io li rimanderò al re.»
</p><p>
L'eloquente Gendel, quand’ ebbe udita la risposta,
baciò il trono di lui così come conveniva. Col labbro
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pieno di lodi, [egli] dalla reggia di lui (del re del Yemen)
si diresse verso il signor del mondo (Frêdûn). Andò, e
quando giunse vicino a Frêdûn, gli disse ciò che colà
(nel Yemen) aveva detto e [qual] risposta aveva udito.
Allora il re del mondo chiamò [a sè] i [suoi] tre figli [e] le
cose nascoste (sing.) fuori trasse dall’ animo intorno a
quell’ andata (infin.) di Gendel e al suo proprio intendimento, e ogni parola pura (ogni acconcia proposta) pose
innanzi. Così disse: Questo re del Yemen [è] capo di una
gente, [quale] un cipresso che getta ombra [lontano] (giuoco
di parole con Serv nome del re e nome del cipresso).
Egli ha tre figlie d’ intatta natura (vergini); non ha figli,
[ma] le figlie [sue] sono la sua corona. Se l'[angelo] Serôsh
trovasse una sposa come quelle, forse dinanzi (ai piedi)
di queste tre darebbe un bacio alla terra (farebbe qualunque
cosa per ottenere una simile sposa). Io per parte vostra
(per voi) le ho chieste al loro padre e preparai [perciò]
convenienti (acconcie) parole. Ora conviene che voi andiate da lui e di tutto, del più e del meno, poniate [con lui] un prospero consiglio (vi concertiate con lui). Voi
siate pronti nel dire e di molto senno, con ambi gli
orecchi apposti (attenti) ai detti di lui; con dolcezza
rendete risposta alle sue parole, e quand’ [egli] domanderà
qualche cosa (lett., parola), ponete un retto consiglio (vi
consigliate prima di rispondere); poichè il figlio (lett., il
nutrito, sing. per il plur.) di un re non conviene che non
sia [altro] che assennato, facondo, di splendido (puro)
cuore, di pura religione [e] in [qualqunque] fatto (cosa) gli
venga innanzi, previdente, [con] la lingua pronta alla veracità; prudenza [sia la sola cosa da lui] desiderata; i tesori,
[da lui] dispregiati. Voi [ora] ascoltate da me tutto ciò
che io vi dico, [poichè] se [mi] obbedirete, sarete contenti. —
Il re del Yemen è di profonda vista (di acuta mente),
[tale] che come lui non vi è [nessuno] presso qualunque
gente, facondo, di splendido (puro) cuore, di bel corpo,
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degno d'esser lodato fra tutti. Egli ha del pari tesori
molti e del pari eserciti, sapienza del pari e consiglio e
del pari corona, nè conviene che vi trovi [giovani] dappoco,
[poichè quest'] uomo sapiente porrà in opera un’ astuzia
[per provarvi]. Al primo giorno egli farà (appresterà) una
sala da convito e [a] voi darà il primo posto. [Quivi] egli
condurrà le [sue] tre [fanciulle che hanno] le gote [splendide]
[come] sole, come un giardino di primavera piene di fragranze, di colori e di fregi. Farà [egli] sedere sovra troni
regali (sing.) le tre [figlie che hanno] le gote [splendide come
sole], simili [nella persona a uno] snello cipresso. Dall'altezza e dall’ aspetto di tutte e tre non distingueranno
(nessuno potrà distinguere) una (nessuna) [di esse] dalla
luna, [nemmeno] per un poco. [Ma voi sappiate] che di
queste tre sarà precedente (entrerà per la prima) la
minore, la maggiore di dietro, e nel mezzo quella che ha il volto simile a luna novella (s'intende la fanciulla di
media età). Sederà la minore accanto al maggior figlio
[mio], la maggiore invece accanto al minor principe, quella
di mezzo sederà del pari nel mezzo. — [Egli allora] vi
domanderà: «Di queste tre [fanciulle] uquali quale riconoscete [per] la maggiore negli anni (sing.)? quella di
mezzo quale è? e la minore quale? Vi conviene in tal
guisa portar [loro] il nome (nominarle, designarle).» — [E voi
allora] dite che quella che è superiore. (al primo posto).
è la minore, non è conveniente il seggio della maggiore
(perchè dovrebbe sedere al primo posto), quella di mezzo,
essa (<f>khvad</f>) sola, è (sta) nel mezzo giustamente. — [Così con tal risposta] riuscirà [bene] a te (sing. per il plur.) [questo]
affare, e [ogni] ostacolo [da parte del re del Yemen] diminuirà (cesserà; qui si usa il tempo pass. come se la cosa
fosse già accaduta).
</p><p>
Tutti e tre i figli, generosi e buoni, tutti col cuore
posto (inclinato, attento, obbediente) al detto del padre,
dal cospetto di Frêdûn uscirono, [e ne] uscirono pieni di
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sapienza e di avvedutezza. Fuorchè senno e sapere, cosa
mai poteva convenire ad un figlio cui un padre come
quello (Frêdûn) aveva allevato?
</p><p>
Allorquando il sole sparse il riflesso [della sua luce]
per il cielo e stese la porpora sull’ azzurro (lett., lapis-lazzuli; stese cioè il color rosso della sua luce sul sereno
azzurro), tutti e tre [i figli di Frêdûn] si mossero, si
apprestarono [e] vollero seco i sacerdoti [come scorta]. Procedettero con una schiera [ordinata] come il firmamento
tutti quei principi dal volto [chiaro come] il sole. Allorquando Serv (il re del Yemen) fu consapevole del loro
venire, ordinò una schiera [rapidamente] come la penna
(l'ala) di un fagiano, mandò loro incontro un’ ampia
schiera [composta] tanto di [uomini] avveduti estranei [alla sua famiglia], quanto di [suoi] consanguinei. Entrarono
[frattanto] questi tre valorosi [giovinetti] nel Yemen, e fuori
uscirono dal Yemen [per vederli] uomini e donne (sing.);
versarono insieme [nella via] gemme e zafferano, e insieme
mescolarono vino con muschio; tutta la criniera dei cavalli [era] piena (sparsa) di muschio e di vino, denari [erano]
sparsi sotto i [loro] piedi. [Sorgeva colà] un palazzo ornato
come paradiso, [coi] mattoni tutti rivestiti d’argento e d’oro,
ornato di drappi greci; oh! quante [cose] desiderabili (preziose) vi [si vedevan] dentro. [Quivi], entro quel palazzo,
[il re del Yemen] li (i figli di Frêdûn) accolse; [e] allorquando il giorno diventò notte e li fece più arditi, [quel]
principe, così come Frêdûn [già] aveva detto, trasse fuori
da un [luogo] nascosto le [sue] tre figlie, tutte e tre nell'aspetto come luna risplendente, nè si poteva su di loro
fare osservazione (tener fermo lo sguardo). Si sedettero
tutte e tre insieme in quel segno (maniera) quale l'aveva
detto Frêdûn ai nobili suoi figli. Il principe (<f>mih</f>) interrogò
allora [i figli di Frêdûn sul conto] di queste tre preclare
[fanciulle, dicendo]: Di queste tre stelle quale è la minore?
quella di mezzo quale è? e la maggiore quale? Vi
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conviene in tal guisa portar [loro] il nome (nominarle,
indicarle).
</p><p>
[Quelli allora] dissero a quel modo che avevano imparato e tosto [così] trafissero l'occhio dell’ incanto (delusero
l’astuzia di Serv; v. il Vocab.). Rimase stranamente confuso Serv del Yemen [e] parimente [stupirono] i principi di
quella gente; tosto conobbe il re valoroso che dall’ ordir
frodi non gli era venuto [alcun] giovamento, [onde] così
parlò: Certamente questa è la via [da seguire] —; [e diede in isposa] la minore al minore, la maggiore al maggiore.
In quel tempo che (tosto che) fu compiuto [cotesto] loro
affare ed [essi] ebber concluso il contratto dei loro affari,
le tre [fanciulle] ornate di serto [togliendosi] dinanzi (dalla
presenza dei) ai tre [giovinetti] coronati, con le lor gote
piene di sangue (di rossore) per vergogna del padre,
si mossero verso la stanza (si ritirarono nelle loro stanze).
piene di colore (di rossore) le gote, [ma] col labbro pieno
di dolci voci (detti).
</p><p>
Il capo degli Arabi, Serv, il re del Yemen, apportò
allora vino e raccolse [in sua casa] i bevitori di vino (fece
un banchetto), con cantori ornò [la casa] e aprì le labbra
e bevve finchè più oscura si fece la notte. I tre figli
di Frêdûn, i tre generi suoi, bevevano vino tutti e tre
alla sua ricordanza (bevevano alla sua salute); ma a quel
tempo che (allorchè) il vino fu superiore al senno (vinse
il senno), quando [cioè] il sonno e il riposo erano convenienti (sing., necessarii), tosto sul capo (sulla sponda) di
un laghetto di acqua di rose comandò che loro si facesse
il luogo del sonno (da dormire). [Così] in [quel] giardino
sotto gli alberi spargenti fiori dormirono quei tre generosi
di prospera sorte. — [Allora] il capo degli Arabi, il re
degli incantatori, pensò un [suo] inganno per tal [cosa]
(<f>andar-ân</f>); uscì [egli] da un regale roseto [e] fece il preparativo di un incanto. Suscitò freddo e un vento
soffiante per questo, a fine cioè di por termine alla vita per
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loro (di farli morire). Così [allora] avvenne che gelò la
pianura ed il giardino, sul ‘capo (al di sopra della cam-
pagna gelata) non osavano volare i corvi. I tre figli di
quel re scioglitor d’incanti (Frêdûn) balzarono dal [loro]
luogo (dal letto) per quell’ aspro freddo. Con quella [loro]
divina maestà (di principi Irani, v. il Vocab. v. <f>farr</f>) e
con la prudenza [loro], col potere sovrannaturale dei re
Irani e col [loro] valore, [essi] chiusero la via (delusero,
distrussero) all’ inganno del mago, e il freddo non fece
su loro alcun effetto (lett., non fece osservazione).
</p><p>
Allorquando il sole sollevò il capo dalla cima del
monte, se ne venne tosto [quell'] uomo inventor d'incanti,
[venne cioè] accanto ai [suoi] tre generi, uomini generosi,
per (<f>kih</f>) vedere le loro guancie divenute livide, [essi]
gelati per il freddo e con ridotta ogni opera (cosa) [all'estremo], rimanendogli [così] le tre [sue] figlie [quali] eredi.
Tale osservazione voleva [egli] far su di loro (voleva veder
tali effetti del suo incanto), [ma] il sole e la luna (il cielo)
non eran venuti [propizi] al [suo] desiderio. Vide [là] i tre
generosi simili a luna novella, seduti sul novello [lor] trono
reale. S'avvide [allora] che il [suo] incanto non era venuto
in effetto (non era riuscito), [che] non era necessario (lecito)
per tal [fine] portare (costringere alla propria volontà), [egli]
stesso (di solo suo moto), la sorte.
</p><p>
Fece [quindi] il re del Yemen una festa, [e] tutti i
principi [vi] si raccolsero. [Egli] aprì le porte degli antichi
tesori, aprì quello che per qualche [tempo] era stato [in]
secreto (nascosto). Le tre [figlie] (accusat.) [che avevano] le
gote [splendide come] sole, [belle] come il giardino del Paradiso,
[tali] che [nessun] sacerdote aveva mai piantato un pino
simile a loro, con corone e con tesori, senza [aver] veduto
(sofferto) alcun disagio, se non che i lor capelli [avevan]
visto (provato) il disagio dell’ attorcigliamento (erano
stati arricciati col ferro rovente), [egli] (il re) condusse
innanzi, e tutte e tre [le] consegnò loro (ai figli di Frêdûn),
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[così] che [erano] tre lune novelle e tre eroi. Per l'angoscia
(di dover maritar le figlie contro sua voglia) nel suo
cuore il re del Yemen diceva: Da Frêdûn non mi venne
[alcun] male; ma il male [or mi venne] da me, poichè non sia
[mai] (non venga) a me alcun indizio, che una femmina sia
[nata] dalla stirpe di fieri principi. (Serv attribuisce tutta
la sua disgrazia all’ aver femmine in casa, non figli maschi,
perchè le femmine bisogna poi mandarle a marito).
Stima [tu pure] di buona stella (felice, beato) colui che non
ha figlie; [poschè qualcuno] quando ha figlie, la sua stella
non è splendida (non splende, non è fortunata). — [Allora]
dinanzi a tutti i sacerdoti Serv [così] disse: [È] conveniente
marito un re ad [una fanciulla della come] la luna; e [voi]
sappiate che questi tre occhi miei (le tre figlie) consegno
a questi [giovinetti] secondo il rito mio (della mia casa)
per questo, acciocchè [essi] le tengano [care] come i [loro]
occhi, [e] davanti al [lor] cuore le riguardino come l’anima
loro. — [Qui] pianse, e poi legò le some (fece legare,
preparar le some) delle spose sulla schiena di forti cammelli furiosi (indomiti). Per [lo splendor delle] gemme il
Yemen [era] diventato rilucente, i palanchini (sing.), l’uno
dietro l’altro, [erano] posti in fila (lett., infilati uno dentro
l'altro; si seguivano senza interruzione), — Quando un
figlio è [adorno] di buon costume e di maestà, egli è caro
al cuore, tanto femmina quanto maschio (risposta del
Poeta alle parole, più sopra, di Serv). — [Egli] quindi
(Serv) li accomiatò, [dando loro] ombrello (insegna reale)
e tesori reali, e apprestò (concluse) [così] quell’ affare.
I giovinetti di vigile cuore, desiderosi della via (di ritornare), rivolsero il volto (ritornarono) verso di Frédîn.</p>
</div>
<div><head>V. MORTE DEL RE FRÊDÛN. (Vedi l’Introduzione premessa al testo).</head>
<p>Quando quelle [cose] (sing.) furono compiute e i
giorni e la sorte si furono rivolti (mutati), avvizzirono
<pb n="263"/>
[all’ improvviso] le foglie dell’ albero reale (venne meno un
principe, Frêdûn, alla famiglia reale, raffigurata qui nel-
l'albero). — Frêdûn scelse invece (<foreign>az bar</foreign>) della corona e del
trono una solitudine ponendo dinanzi a sè stesso le teste
di quei tre principi (i suoi tre figli, Erag ucciso da Tûr;
Tûr e Salm uccisi da Minôcihr; v. l'Introd.). Intanto ad
ogni momento dolorosamente piangeva e viveva nell'affanno; con gemiti ad ogni momento [e] nel pianto quel
celebrato re andava così dicendo: I giorni miei son
trascorsi e si son fatti oscuri per questi tre [figli] miei,
diletti e cari, uccisi così con angoscia (così miseramente)
prima di me (opp. dinanzi ai miei occhi), per vendetta,
per desiderio dei miei nemici (sing.). Tanto (<f>ham</f>) per
maligna lor natura, quanto (<foreign>ham</foreign>) per le [loro] opere malvagie, sul volto (sul capo) di [quei] giovani [figli miei]
venne (pres. storico) tal male (tal pena). Non portarono
per nessuna ragione il mio comando (non vollero obbedirmi), [e] il mondo si fe’ tristo sopra tutti [questi] tre giovinetti.
</p><p>
Pieno di sangue (di dolore) il cuore e pieno di
pianto le due gote, così, finchè il tempo (la vita) venne
a capo (finì) per lui, Frêdûn se ne andò (morì). — Rimase
di lui [soltanto] il nome, [mentre] sopra (dopo) questi [avvenimenti] passò un lungo tempo. — Furono (sing.) sempre
(<f>hamah</f>, totalmente), o figlio, il buon nome e la rettitudine
che fecero (ebbero) vantaggio sopra la sventura. —
Minôcihr [intanto] depose la corona dei re, si cinse la
persona della cintura di color sanguigno (v. il Vocab.).
Secondo il costume dei re, egli fece un sepolcro (v. il
Vocab.) [ornato] tanto d’oro fulgido, quanto di lapislazzuli;
dentro di esso de-(<f>zîr</f>)-posero un trono d'avorio, [e]
appesero al di sopra dell’ avorio (sullo schienale) una
corona. [Gli eroi d'Irania] vennero allora innanzi per
fargli (al morto re) l'[estremo] saluto, così come era la
norma del rito e della religione. Chiusero [quindi] su
<pb n="264"/>
[quel] re (Frêdûn) la porta del sepolcro, e[ così] quell’ [uomo]
pregiato si partì umile e dolente dal mondo. — Minôcihr
per una settimana fu con (restò nel) dolore, i suoi due
occhi [furon] pieni di lagrime e le due guancie furon pallide.
</p><p>
O mondo, interamente [tu] sei inganno e vento; per
te l'uomo sapiente non è [mai] lieto; tu li (gli uomini)
nutri ad uno ad uno con tenerezza. Che [val] la vita
breve e che [val] la vita lunga? Quando tu [ciò che hai]
dato, vuoi poi riprendere indietro, quale afflizione (che
importa ?) se ciò sarà [un pezzo] di terra, o se [sarà] una
cosa preziosa? Se tu sei un principe e (o) se [tu sei] un
soggetto (sia che sii o l'uno o l’altro), poichè il mondo (il
destino) ti tronca quest’ alito [vitale], tutti i dolori e i
piaceri tuoi furono (se ne vanno) come un sogno. Non
volgere il cuor tuo al rimaner [qui in terra] eternamente.
Felice colui del quale restano come [ricordo] le opere
buone, se [egli] è servo [o se egli è] regnatore (sia che sia
principe o servo).</p>
</div>
<div><head>I. AMORI DI ZÂL E DI RûDABEH. (Vedi l’Introduzione premessa al testo).</head>
<p>Così avvenne che un giorno [Zâl figlio di Sâm] fece
questo consiglio (concepì questo disegno) di muoversi nel
regno [suo] dal luogo [dov’ egli stava]. Uscì [quindi] con
eletti suoi eroi, poichè il lor consiglio e la [lor] fede erano
con lui una sola [cosa] (erano fedeli e concordi). Fece
proponimento [di volgersi verso] la regione dell’ India, verso